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domenica 13 aprile 2014

BMJ: Too much medicine (Troppa medicina)



Il «British Medical Journal» ha pubblicato il 26 febbraio 2013 un editoriale dal titolo Too much medicine (Troppa medicina). Autori: Ray Moynihan, senior research fellow; Paul Glasziou, professor; Steven Woloshin, professor of community and family medicine; Lisa Schwartz, professor of community and family medicine; John Santa, director of health ratings centre; Fiona Godlee, editor, BMJ.
Per leggere la traduzione dell'articolo, a cura di  Angela Corbella, dell'Unità di Gestione del rischio dell'ASL 3 Genovese, clicca qui
Copio e incollo, invece, l'articolo pubblicato sul Corriere.it a cura di Adriana Bazzi 18 marzo 2013 (modifica il 4 aprile 2013).
Iniziativa del «British Medical Journal»
Malati per troppa medicina?
I pericoli dell’accanimento diagnostico. I medici adesso tendono a focalizzarsi sui sani per scoprire patologie in erba
MILANO - Too much medicine, troppa medicina: è questa la vera epidemia del nostro tempo. Se fino a qualche anno fa i medici si concentravano sui malati per cercare di risolvere i loro problemi, adesso tendono a focalizzarsi sui sani per scoprire malattie in erba, e qualche volta finiscono per crearle davvero. È la medicalizzazione della vita che, invece di promuovere la salute, promuove la malattia. È l'eccesso di diagnosi che comportano certi check-up eseguiti a tappeto o certi screening (esempio: quanti casi di tumore alla prostata identificati dal Psa - l'antigene prostatico specifico nel sangue - sono stati individuati e curati con effetti collaterali tipo l'impotenza, quando, invece, potevano tranquillamente andare avanti senza alcun pericolo per la vita di una persona?) ed è l'eccesso di cure inutili che ne deriva (cure che hanno effetti collaterali per i pazienti e che costano ai sistemi sanitari).

MARKETING - Si tratta di overdiagnosis (troppe diagnosi) e overtreatment (troppi trattamenti), come dicono gli anglosassoni che da un po' di tempo stanno dibattendo il problema. Nel 2002 la rivista inglese British Medica Journal pubblicava un articolo intitolato «Too much medicine?», con un punto interrogativo. Parlava di medicalizzazione della nascita (troppe ecografie in gravidanza e troppi cesarei), del sesso (la diagnosi di disfunzione erettile dopo la scoperta del Viagra) e anche della morte (la tecnologia come accanimento terapeutico). Ora, nel 2013, più o meno a 10 anni di distanza, la stessa rivista lancia una campagna dal titolo «Too much medicine», questa volta senza punto interrogativo. E invita i medici a farsi pionieri di una «de-medicalizzazione» della medicina che dia più potere ai pazienti, che resista alla diseases-mongering (la mercificazione delle malattie, un'operazione di marketing che crea malattie in vista della commercializzazione di un farmaco: una delle patologie create ad arte sarebbe la fobia sociale, la diffusa timidezza, che si vorrebbe curare con gli antidepressivi) e che metta a disposizione dei malati cure veramente utili e risparmi loro quelle inutili.
GLI ESEMPI - E cita alcuni esempi di possibili eccessi di diagnosi e di trattamenti. Uno verte sullo screening per il tumore al seno. Uno studio, pubblicato nell'ottobre scorso su Lancet, indica che una donna ogni cinque cui viene diagnosticato grazie alla mammografia un tumore al seno presenta una malattia che non evolve e che non porta alla tomba. Ma questa donna viene trattata con la chirurgia e con i farmaci. Non solo: il Dsm V, il nuovo manuale dei disturbi mentali che sta per essere completato, amplia troppo, secondo alcuni, la definizione di malattia mentale, considerando disturbi mentali anche i sintomi fisici di patologie come il tumore o le cardiopatie (la nuova definizione sarebbe: disordine da sintomi somatici). E ancora: si sta assistendo a un boom di diagnosi non solo di tumore alla prostata, ma anche di cancro alla tiroide, di malattie croniche del rene, di deficit dell'attenzione e di sindrome da iperreattività nei bambini.
FARMACI - Tutte condizioni che poi vengono trattate con le medicine. «Ma il grande problema del l'ipermedicalizzazione - commenta Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico del Policlinico di Milano - riguarda oggi soprattutto gli anziani. Spesso queste persone sono affette da più patologie per ognuna delle quali assumono farmaci. Ma queste medicine, che di solito sono state sperimentate su altre categorie di pazienti e per singole malattie, quando sono somministrate contemporaneamente agli anziani, possono creare problemi di interazione che a tutt'oggi non sono ancora stati ben studiati».

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