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domenica 30 gennaio 2011

Storie di badanti

Storie di badanti La festa della Badante è stata l'occasione per conoscere meglio la storia di queste donne. di Jenny Tessaro (http://www.ladomenicadivicenza.it)

Centinaia e centinaia di badanti hanno fatto la fila, domenica scorsa, per ricevere dalle mani del primo cittadino di Vicenza, un fiore. È stato questo l'omaggio che l'amministrazione del capoluogo berico ha riservato -in occasione della Festa della Badante- a chi ogni giorno cura ed accudisce, in modo anonimo e silenzioso, i nostri anziani. Si tratta di centinaia e centinaia di donne provenienti dai Paesi dell'Est che là, in patria, hanno lasciato le loro famiglie, i figli, i mariti, i genitori. «Sono venuta in Italia sei anni fa perché non avevo i soldi né per comperare le medicine a mio marito ammalato, né per far crescere i miei figli. Allora avevano 6 e 8 anni. Adesso ne hanno 12 e 14 e in tutto questo tempo io li ho visti solo tre volte». Svitlana comincia a piangere, a fatica prosegue il suo racconto: «Mio marito è morto due anni fa. Aveva un tumore. Colpa delle radiazioni di Chernobyl che negli anni lo hanno intaccato. Là in Ucraina siamo tutti ammalati soprattutto noi di Kiev. Mia sorella è morta di tumore dieci anni fa. Aveva trent'anni e i miei figli soffrono di problemi respiratori. Adesso vivono con i miei genitori e con mio fratello. Vorrei portarli qui con me, ma come posso fare se lavoro tutto il giorno, 24 ore su 24?». Svitlana continua a piangere. Tra i singhiozzi lamenta di non aver visto i suoi figli crescere, di non averli accuditi. «Pensavo di venire qui a lavorare per un po'. Ma la vita è andata diversamente. Per farli crescere e per aiutare tutta la mia famiglia sono rimasta qui, nonostante la nostalgia e il cuore rotto. Ogni mese mando a casa tutto quello che prendo, 800 euro in tutto. Non ho spese supplementari perché mangio e dormo a casa della signora che accudisco. Soffre di Alzehimer e spesso mi fa impazzire. Ma le voglio bene lo stesso. La vecchiaia è così».
«Io sono bielorussa, di Minsk, la capitale. Sono qui in Italia da sette anni. È stata un'amica, che era già in Italia, a convincermi a partire. "Si guadagna bene", mi diceva. In effetti lo stipendio, anche se di soli 800 euro mi sta bene perché comprende vitto ed alloggio. Per me spendo al massimo cinquanta euro al mese per il telefono. Il resto lo spedisco a mia madre». Racconta Natalya, una bella signora Ucraina di circa cinquant'anni. «Mia madre sta crescendo i miei figli. Adesso hanno 17 e 19 anni. La figlia più grande si deve sposare il prossimo anno e grazie ai soldi che ho mandato a casa si è creata una piccola attività tutta sua. Il figlio vuole fare il farmacista e così intanto pago gli studi. Li sento spesso, ogni due o tre giorni, perché mi mancano tanto». Un pianto a dirotto interrompe la conversazione che viene però ripresa da un'altra signora Moldava di circa 50 anni. Si chiama Tatiana ed è arrivata in Italia più di dieci anni fa. «Avevo divorziato da mio marito: la caduta del comunismo e la crisi economica che ne è derivata ha fatto saltare molte famiglie. Quando non ci sono soldi per mangiare la rabbia aumenta. Così per far crescere mio figlio sono partita. Non le dico cosa ho passato i primi tempi, prima di trovare una sistemazione in una famiglia. Ho dormito sulle panchine e dentro case abbandonate, con l'incubo che i topi mi venissero a mangiare. Poi per fortuna ho trovato una famiglia meravigliosa ed un'anziana stupenda che ho accudito sino a due anni fa, quando se n'è andata. Sono stata più di tre anni senza tornare a casa perché non avevo i soldi e neppure i documenti. Un'agonia che mi ha portato verso il baratro della depressione dal quale sono uscita grazie all'aiuto della famiglia che mi ospitava. Senza la loro comprensione e il loro affetto non ce l'avrei mai fatta».
«Sono sempre più numerose le badanti che soffrono di depressione perché - racconta Natalia Calin, presidente dell'Associazione Donne Moldave di Schio - l'impegnativo lavoro quotidiano associato alla nostalgia per la famiglia e i figli si trasformano spesso in un cocktail pericoloso per la salute psichica di molte donne straniere. Non è facile accudire un anziano 24 ore su 24, soprattutto quando alla non autosufficienza psichica si assomma la demenza senile o altri disturbi dovuti all'età. Fortunatamente manifestazioni come quelle promosse dal Comune di Vicenza servono per non farci sentire troppo sole e abbandonate. Un grazie è sempre gradito».

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