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sabato 6 luglio 2013

Alfredo e Luisa (2)



Ricevo dall'amico Alfredo, sua moglie Luisa è stata colpita a 52 anni dalla malattia di Alzheimer, questa mail che volentieri pubblico. Avevo già dedicato a loro un post, clicca qui. Rispetto ad allora, sono passati altri due anni, Luisa è stomizzata e ha cambiato Casa di cura.
Sono andato nel sito centroalzheimer.org e ho copiato la news. E' il riassunto dell'articolo: Emotional and psychological implications of early AD diagnosis. Caro Alfredo, quando sei in difficoltà con l'informatica, chiedi aiuto alla nostra comune amica. Ho inoltre, come è mia consuetudine, cercato nel web storie simili alla tua. Ne ho trovato due che meritano di essere lette. Hai tutta la mia solidarietà e compassione (patire insieme)!! [La compassione cristiana non ha niente a che vedere col pietismo, con l'assistenzialismo. Piuttosto, è sinonimo di solidarietà e di condivisione, ed è animata dalla speranza. (Papa Benedetto XVI)]. Ho inserito anche la locandina del film: Away from Her (Lontano da lei).
Ecco la mail di Alfredo: Caro  Giovanni, ogni settinama ricevo le newsletter dal Centro Alzheimer - ircss del Fatebenefratelli di Brescia (sito centroalzheimer.org) riguardanti vari aspetti di questa malattia. Questa settimana, per i familiari, è stata inviata l'informazione che ti allego e che ho copiato (non sapevo come spedirti la pagina web). Come leggi si parla brevemente delle implicazioni psicologiche nei casi di Alzheimer precoce. Ho pensato di inviartela perchè  oltre ad essere personalmente coinvolto, è una delle poche riflessioni che ho letto che mette in evidenza i problemi quando la malattia colpisce una coppia di sposi con dei figli ancora relativamente  giovani. Vorrei far comprendere attraverso il tuo blog  che la demenza non è più una malattia dei "vecchi" ma sempre più anche dei "giovani" con implicazioni psicologiche, emotive e fisiche del tutto diverse. Ti saluto, Alfredo

Dalla newsletter per i familiari del Fatebenefratelli di Brescia
Implicazioni emotive e psicologiche nella diagnosi di demenza di Alzheimer precoce
(Emotional and psychological implications of early AD diagnosis) Pascal Antoine, PhD  e Florence Pasquier, MD, PhD - University Lille Nord de France (Med Clin North Am. 2013 May; 97(3):459-75). La Demenza è definita come una sindrome caratterizzata da un progressivo declino delle funzioni cognitive, presente da almeno 6 mesi e che causa significativi limiti nelle capacità sociali e di svolgimento delle attività della vita quotidiana. Per Demenza Precoce si intende quella i cui sintomi cognitivi compaiono prima dei 65 anni di età. Dare questo tipo di diagnosi comporta delle implicazioni emotive e psicologiche devastanti per il paziente che la riceve e per la sua famiglia. Per molti la Demenza viene associata solamente alle persone anziane, in questo caso i pazienti possono essere genitori di bambini piccoli o adolescenti, che da loro dipendono totalmente o quasi. La maggior parte di loro vive una vita di coppia, la cui dinamica interna viene investita e ribaltata completamente dalla diagnosi. Il caregiver, costituito generalmente da sposa o sposo, deve confrontarsi con un disagio che di solito colpisce le persone anziane, sentendosi improvvisamente escluso, stigmatizzato o socialmente isolato. Il continuo accrescimento della dipendenza del paziente nei confronti dei suoi familiari provoca un rovesciamento dei ruoli nel rapporto con i figli che all'improvviso si trovano, anche molto giovani, a diventare i caregivers dei loro genitori. Anche dal punto di vista finanziario si assiste ad una riduzione del reddito familiare da un lato, e ad un aumento di spese per la gestione della situazione dall'altro. Per tutte queste ragioni la diagnosi di Demenza è sistematicamente associata ad un forte distress psicologico ed emotivo per le persone che ne sono affette e per i loro familiari, in particolar modo se si tratta di giovani pazienti.

Ho trovato in un sito questo racconto dal titolo: Un amore vero
Era una mattinata movimentata.  Un anziano signore, che poteva avere un’ottantina d’anni, arrivò per farsi rimuovere dei punti da una ferita al pollice. Disse che aveva molta fretta perché aveva un appuntamento per le nove. Rilevai la pressione e lo feci sedere sapendo che sarebbe passata un’ora prima che qualcuno potesse vederlo.
Lo vedevo guardare continuamente il suo orologio e decisi allora, dal momento che non avevo impegni con altri pazienti, che mi sarei occupato io della ferita.
Ad un primo esame, la ferita sembrava guarita: andai a prendere gli strumenti necessari per rimuovere la sutura e rimedicargli la ferita. Mentre mi prendevo cura di lui gli chiesi se per caso avesse un altro appuntamento medico dato che aveva tanta fretta. L’anziano signore mi rispose che doveva andare alla Casa di Cura per far colazione con sua moglie. Mi informai della sua salute e lui mi raccontò che era malata da tempo di Alzheimer. Gli chiesi se per caso la moglie si preoccupasse nel caso facesse un po’ tardi. Lui mi rispose che lei non lo riconosceva più già da cinque anni. Ne fui sorpreso e gli chiesi. “E va ancora ogni mattina a trovarla anche se non sa più chi è lei?”. L’uomo sorrise e mi batté la mano sulla spalla dicendo: “Lei non sa chi sono io, ma io so ancora perfettamente chi è lei….”.
Dovetti trattenere le lacrime…. Avevo la pelle d’oca e pensai:  “Questo è il genere d’amore che voglio nella mia vita”.
Quando il malato è il coniuge -La forza e la speranza della fede
Mi chiamo Virgilio R. e ho 64 anni. Mia moglie ne farà 60 tra poco più di un mese e siamo sposati dal 1972. Abbiamo tre figli, due maschi e una femmina, la più giovane. Il malato di Alzheimer è mia moglie alla quale voglio un bene dell'anima. Di più, io l'amo veramente molto di più di quando eravamo più giovani e per me è il dono più grande che il Signore mi abbia potuto fare. Lei e l'amore che ci vogliamo. Mi ha consolato il neurologo quando mi ha detto che la malattia non colpisce gli affetti. In realtà, essendo lei friulana, è sempre stata di carattere riservato e freddo, non ha mai amato le smancerie e neanche le eccessive affettuosità. Gelosa dei suoi sentimenti privati, raramente mi ha detto "ti amo", lo dovevo sapere da me.
Ora la malattia l'ha ammorbidita, è più disponibile ad accogliermi tra le sue braccia e a letto si rannicchia contro il mio corpo e mi abbraccia, cosa mai fatta in trent'anni di vita assieme. Mi dicono che probabilmente la malattia ha annullato i freni inibitori ereditati per etnia, per carattere o chissà perché. Vedo, frequentando i gruppi di autosostegno dell'Associazione Alzheimer della mia città, che la maggior parte dei partecipanti è familiare di un genitore, mamma o papà in tarda o tardissima età. Avere una moglie o un marito con l'Alzheimer non ha paragone.
Mia moglie era una persona dinamica, veloce nel prendere decisioni, sapeva sempre quello che voleva: era dieci passi avanti. Mi manca molto. E' qui, ma è come se non ci fosse, tuttavia non la possiamo perdere di vista un attimo, perché è imprevedibile e perché non essendo capace di gestire nemmeno l'ordinarietà della sua persona, non sarebbe capace di gestire un'emergenza, anche la più banale. Ogni debacle che man mano si presenta è un colpo basso per il morale e rischi di sprofondare nella depressione. Ti senti comunque inadeguato, a volte perdi la pazienza e poi ti vengono i sensi di colpa. Con i miei figli siamo d'accordo che periodicamente mi allontani da lei; vado in campagna qualche giorno perché un altro pericolo è che la continua vicinanza del malato ti spinga ad essere astioso, impaziente, brusco, nonostante o proprio per l'amore che le porti.
Per un coniuge c'è poi la sessualità da sopire, e se proprio non ce la fai e imbastisci un precario rapporto a due, poi subentra anche qui il dubbio di aver prevaricato, di aver "approfittato" di una persona "diversamente abile", sul comportamento sessuale dei malati di Alzheimer in età ancora relativamente giovane non c'è letteratura. Come ce n'è pochissima riguardo alla situazione tra coniugi: lo stereotipo del malato di Alzheimer è la nonnetta di 84 anni, fuori di testa, che non riconosce più marito, nipoti, figli e nuore. Mia moglie ha, purtroppo, un grado di consapevolezza molto alto ed è perfettamente cosciente di non saper fare più niente.
Qualcuno mi invidia la Fede. E' vero che  mi sento sostenuto dal Signore e dalle preghiere di quanti ci conoscono e ci vogliono bene. E credo che Dio accolga i pensieri anche di coloro che non credono, ma che mi dimostrano solidarietà. Io non credo in un Dio lontano e indifferente; per me è Padre che si china sulle nostre miserie e dolori. Chi parla di un Dio lontano è perché non ha mai alzato il capo a incontrare il suo volto, oppure ha preferito girarsi dall'altra parte. Io sono cristiano e arrivo a vantarmi della tribolazione che porto sulle spalle, perché mi genera pazienza e la pazienza speranza; speranza di accogliere questo male come una ricchezza, soprattutto per me. (Virgilio, un marito)

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