dal blog della maestra Cristina |
Carissimi docenti e dirigenti, siate inoltre testimoni e non predicatori di valori, ne abbiamo bisogno!
Riportiamo alcune frasi tratte dal saluto agli studenti del Veneto del
vicedirettore generale dott.ssa Gianna Miola.
Si sente nelle sue parole la passione per la scuola: è stata
insegnante, preside e ora vicedirettore generale.(clicca qui)
7 studenti dell'Istituto "Leonardo da Vinci" ad una conferenza |
Gli insegnanti, ritrovando l’orgoglio della propria professione, vi accompagneranno nel cammino aiutandovi a riconoscere i vostri talenti, a farli emergere e a farli crescere, così da liberare le potenzialità che appartengono a ciascuno di voi e di cui il nostro tempo ha bisogno. Chi ha maggiori difficoltà sia aiutato di più; chi ha più facilità nell’apprendere coltivi la curiosità intellettuale per esplorare più ampi settori del sapere, maturando interessi che lo caratterizzano e che possono farlo eccellere.
Il futuro ha bisogno di voi. Il presente si costruisce con voi.
E' significativo che la dott.ssa Miola ricordi agli studenti il valore della solidarietà "generosamente rivolti anche alla solidarietà" e inviti i docenti a "dare di più a chi è in difficoltà".
Insegnare ai bravi sono capaci quasi tutti, la professionalità dei docenti si
misura nel cercare di migliorare le conoscenze, le competenze e le
capacità di chi è più in difficoltà ad apprendere.
Su LaStampa.it di oggi, nella rubrica lettere al direttore, Mario Calabresi figlio del Commissario Luigi Calabresi ucciso dai terroristi nel 1972, risponde a questa bellissima lettera della docente Maria Antonietta Panizza di Alba (CN).
Su LaStampa.it di oggi, nella rubrica lettere al direttore, Mario Calabresi figlio del Commissario Luigi Calabresi ucciso dai terroristi nel 1972, risponde a questa bellissima lettera della docente Maria Antonietta Panizza di Alba (CN).
Oggi, 12 settembre, riprendono le
lezioni e nelle scuole, dopo l’innaturale silenzio della pausa estiva, le aule
e i corridoi ricominceranno a pulsare di vita. Noi insegnanti entreremo in
classe e saremo assaliti da quell’inconfondibile bouquet di alunno, fatto di
maglietta sudata e sapone di Marsiglia, di scarpe di tela e di gel all’agrume,
e di tanti altri afrori variamente miscelati che connotano e identificano ogni
classe. E riprenderemo a misurarci: noi al di qua, loro al di là della
cattedra.
Detto così, sembra una scena da «Mezzogiorno di fuoco», mentre non si tratta che dell’eterna riproposizione del gioco delle parti. Io, alunno e adulto in divenire, sono qui per imparare da te, adulto compiuto e realizzato, che cosa si debba fare, e come ci si debba comportare nelle relazioni con gli altri per essere ascoltati, considerati e apprezzati nella vita. Tu, insegnante, puoi trasmettermi tutto ciò parlando di Dante, o di Einstein, o delle equazioni di secondo grado; ma, mentre parli, non mi sfuggirà una virgola delle tue parole, dei tuoi silenzi, dei tuoi gesti. E se alle belle parole non corrisponderanno comportamenti tuoi altrettanto belli, non pretendere che io continui a seguirti con immutata stima.
Ecco perché insegnare è un mestiere bello e difficile. Van bene i concorsi, van bene i tirocini, è sacrosanta la preparazione di base, ma se non c’è il valore aggiunto dell’attitudine, della volontà di mettersi in gioco ogni mattina fino all’età della pensione, della capacità di empatia, è meglio cambiar mestiere mentre si è in tempo.
Risponde il direttore Calabresi:
Una bellissima lettera che mi sembra il miglior augurio per l’inizio dell’anno scolastico, l’ideale in bocca al lupo per maestri e scolari, professori e studenti. Perché ci ricorda quanto contino, al di là di ogni taglio di fondi e di ogni concorso, l’aspetto umano, il rapporto e la passione.
Ho un ricordo grato sia della mia maestra delle elementari, allora unica, sia dei professori delle medie, del loro mettersi in gioco e conquistarsi attenzione e rispetto. E un buon insegnante è cosciente della differenza che può fare. Fernanda Sartorio, la mia maestra, incontrò mia madre al mercato pochi giorni dopo il mio arrivo a «La Stampa» e, con il tono serio e un po’ saccente che la contraddistingueva, le disse: «E’ diventato direttore di giornale, sapevo di aver lavorato bene, perché spero che lei mi riconosca che a scrivere gliel’ho insegnato io!». Aveva ragione. (ultimo aggiornamento 15.09.12)
Detto così, sembra una scena da «Mezzogiorno di fuoco», mentre non si tratta che dell’eterna riproposizione del gioco delle parti. Io, alunno e adulto in divenire, sono qui per imparare da te, adulto compiuto e realizzato, che cosa si debba fare, e come ci si debba comportare nelle relazioni con gli altri per essere ascoltati, considerati e apprezzati nella vita. Tu, insegnante, puoi trasmettermi tutto ciò parlando di Dante, o di Einstein, o delle equazioni di secondo grado; ma, mentre parli, non mi sfuggirà una virgola delle tue parole, dei tuoi silenzi, dei tuoi gesti. E se alle belle parole non corrisponderanno comportamenti tuoi altrettanto belli, non pretendere che io continui a seguirti con immutata stima.
Ecco perché insegnare è un mestiere bello e difficile. Van bene i concorsi, van bene i tirocini, è sacrosanta la preparazione di base, ma se non c’è il valore aggiunto dell’attitudine, della volontà di mettersi in gioco ogni mattina fino all’età della pensione, della capacità di empatia, è meglio cambiar mestiere mentre si è in tempo.
Risponde il direttore Calabresi:
Una bellissima lettera che mi sembra il miglior augurio per l’inizio dell’anno scolastico, l’ideale in bocca al lupo per maestri e scolari, professori e studenti. Perché ci ricorda quanto contino, al di là di ogni taglio di fondi e di ogni concorso, l’aspetto umano, il rapporto e la passione.
Ho un ricordo grato sia della mia maestra delle elementari, allora unica, sia dei professori delle medie, del loro mettersi in gioco e conquistarsi attenzione e rispetto. E un buon insegnante è cosciente della differenza che può fare. Fernanda Sartorio, la mia maestra, incontrò mia madre al mercato pochi giorni dopo il mio arrivo a «La Stampa» e, con il tono serio e un po’ saccente che la contraddistingueva, le disse: «E’ diventato direttore di giornale, sapevo di aver lavorato bene, perché spero che lei mi riconosca che a scrivere gliel’ho insegnato io!». Aveva ragione. (ultimo aggiornamento 15.09.12)
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