Scenari futuri per
l'assistenza famigliare
La popolazione nel mondo sta invecchiando, come lo dimostrano dati
che provengono non solo dall’Italia ma anche da altri paesi europei, da paesi
in rapido sviluppo economico come Cina e India, e anche da paesi africani come la
Nigeria. Nel 2050 avremo circa 4 volte la percentuale di persone sopra i 60
anni rispetto al 1950, che raggiungeranno circa la metà dei residenti in Italia
(Figura 1). L’Italia
sembra comunque il Paese in cui questo fenomeno sarà più evidente. Ciò che più
crescerà è il numero di persone in età avanzata o molto avanzata (sopra 80 anni
di età) che in secolo diventerà in Italia circa 15 volte quanto era nel 1950
(Figura 2).
L’Italia
che agli inizi di questo secolo è stato il primo paese al mondo in cui gli ultra-sessantenni hanno superato in
percentuale i soggetti con età inferiore ai 20 anni, sarà anche il primo paese
al mondo, probabilmente tra il 2030 ed il 2040, in cui gli ultraottantenni
supereranno gli under-20 (Figura 3).
Ciò se da un lato è indice di una aumentata speranza di vita, pone
anche dei problemi di gestione della non autosufficienza, molto importanti.
Infatti con l’aumentare del numero di anni che mediamente si vive, stiamo
assistendo anche ad un aumento del numero di disabilità e di non
autosufficienza che la popolazione si trova a vivere. Se a 60 anni abbiamo solo un 5-6% della popolazione che presenta
almeno una disabilità, sopra gli ottant’anni questa percentuale aumenta
vertiginosamente a più del 50%, creando non pochi problemi di gestione
socio-sanitaria ed economica. L’invecchiamento della popolazione in Italia è dovuto non solo al
miglioramento dello stato di salute e all’allungamento della vita media, ma
anche all’importante diminuzione dei numero medio di figli per donna
(attualmente in Italia circa 1,3-1,4 per donna).
Se nel passato anche recente il numero di figli che andava diminuendo
compensava efficacemente il numero di anziani che cresceva, negli anni a
venire, vi sarà soprattutto un forte aumento della popolazione anziana, con una
alterazione drammatica nei prossimi anni, dell’indice di dipendenza, che rappresenta
il carico sociale ed economico della popolazione non attiva (0-14 anni e 65
anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni); vedi tabella 1.
Donne e istruite, le più longeve
La spettanza di vita (il numero medio di anni
che una persona può contare di vivere dalla nascita) che attualmente per gli uomini
è di 79,5 anni, nel 2065 aumenterà fino a 86,6 anni. Le donne, più longeve, che
ad oggi hanno una spettanza di vita di 84,6 anni, nel 2065 potrebbero vivere in
media fino ai 91,5 anni. La spettanza di vita (il numero medio di anni che una
persona può contare di vivere dalla nascita) che attualmente per gli uomini è
di 79,5 anni, nel 2065 aumenterà fino a 86,6 anni. Le donne, più longeve, che ad oggi hanno una
spettanza di vita di 84,6 anni, nel 2065 potrebbero vivere in media fino ai 91,5
anni. Una conseguenza del fatto che le donne vivono più a lungo degli
uomini è che, ad oggi, circa il 50% delle donne anziane risultano vedove
(spesso più sole), contro il 12% dei maschi, mentre la maggior parte degli
uomini anziani, circa l’80%, risulta coniugato.
Il grado di istruzione sembra avere un ruolo importante nella
durata della vita: è stato dimostrato infatti come la spettanza di vita aumenti
con l’aumentare del tasso di scolarizzazione, ossia più è istruito un anziano
più a lungo vive. Ciò pare sorprendente se si pensa che è stato invece
dimostrato come aumentando la spesa sanitaria per persona, non si osservano gli
stessi effetti.
E' stato anche osservato che gli anziani che hanno una bassa
scolarità sono più spesso dipendenti nel mangiare,vestirsi, lavarsi, andare al
bagno, rispetto a quelli che hanno frequentato per più anni la scuola. Così anche alcune patologie tipiche dell’anziano come la demenza,
l’ictus, lo scompenso cardiaco sembrano colpire maggiormente i soggetti con una
bassa istruzione.
Si noti come attualmente la maggior parte degli anziani possiede
una scolarità bassa (molto più le femmine rispetto ai maschi) e hanno come
titolo di studio solo alcuni anni della scuola elementare; pochi sono coloro
che sono riusciti a studiare fino la scuola superiore (6-7%) e pochissimi
posseggono una laurea (2-3%). Ma quando possiamo definire un soggetto anziano? Diverse sono le
definizioni proposte e non vi è una univoca scelta neppure nel modo
scientifico. L’anziano è sicuramente un soggetto in cui gli organi e i sistemi
hanno una ridotta riserva funzionale e in cui l’organismo ha una ridotta
capacità di mantenere in equilibrio le proprie funzioni, per cui diventa più
suscettibile a diverse malattie.
Anzianità e
fragilità
L’invecchiamento della popolazione ha portato ad un importante
aumento di soggetti considerati “fragili”. La fragilità sembra colpire un’alta
percentuale della popolazione anziana, soprattutto di quella più anziana,
generando una grande necessità di bisogni assistenziali.
Si
intende per fragile “un soggetto di età avanzata o molto avanzata, affetto da
multiple patologie croniche, clinicamente instabile, frequentemente disabile,
nel quale sono spesso coesistenti problematiche di tipo socio-economico, quali
soprattutto solitudine e povertà” (Ferrucci et al., 2001).
L’anziano
fragile è ad alto rischio di ospedalizzazione o istituzionalizzazione
(inserimento in un istituto di cura o riposo per anziani).
Nei
soggetti anziani, soprattutto se fragili, è comune riscontrare le cosiddette
sindromi geriatriche ossia condizioni patologiche che tendono a presentarsi in
maniera ricorrente o cronica, spesso dovute a molti fattori, ed associate
frequentemente a difficoltà nell’eseguire le normali attività della vita
quotidiana.
Esempi
di sindromi geriatriche sono le seguenti (secondo la regola della «I»):
Immobilità, Instabilità, Incontinenza, Insonnia, Isolamento e depressione, Impairment
(deficit) di vista e udito, Inanizione (malnutrizione), Ipocinesia
(allettamento).
Quando
una malattia colpisce un soggetto anziano, spesso è molto più complesso
gestirla rispetto al giovane-adulto. Anzitutto vuole dire alle persone che gli
stanno accanto per cui è facile che si arrivi tardi a diagnosticare e quindi a
trattare la malattia.
Inoltre
anche le malattie stesse si presentano in modo diverso in età avanzata, con
segni e sintomi che spesso sono diversi da quelli delle persone giovani-adulte,
e talvolta non sono così chiari e vengono confusi con una semplice stanchezza,
mancanza di appetito o di voglia di fare, tristezza, apatia, ecc.
Bisogna
poi considerare che quando una malattia colpisce un soggetto anziano, colpisce
un organismo che spesso ha già altre malattie e che ha una riserva funzionale
più bassa rispetto a un soggetto più giovane. Per questo motivo è più facile
che l’anziano quando si ammala abbia poi delle complicanze a cascata ossia la
comparsa di una malattia gli può provocare a sua volta problemi anche in altri
organi.
Un
semplice esempio può essere il seguente: una semplice stipsi se diventa
ostinata può provocare vomito e scomparsa dell’appetito, per cui è più facile
che il paziente si disidrati, e ciò di conseguenza porta a insufficienza del
rene ma anche a confusione mentale e disorientamento nello spazio e nel tempo,
con rischio di caduta, frattura e allettamento.
Fondamentale
è poi ricordare che gli anziani assumono spesso molti farmaci e di conseguenza
è più facile che si possano verificare effetti collaterali degli stessi o che i
vari farmaci possano interagire tra di loro provocando ulteriori problematiche.
Non
bisogna dimenticare come la complessità del paziente anziano è dovuta anche al
fatto che spesso presenta problemi di tipo cognitivo, demenza con disturbi del
comportamento, dell’alimentazione, insonnia e molto spesso soffre di ansia e depressione
Contesti sociali
Tutto questo, se viene a presentarsi in un contesto sociale
difficile, come è frequente che oggi accada, rende la condizione dell’anziano
ancora più problematica. Molti sono infatti gli anziani soli anche perché come
abbiamo visto aumenta l’indice di dipendenza o perché non hanno familiari
adulti a cui fare riferimento, sia per la denatalità nelle decadi precedenti,
sia per la necessità sempre più grande de giovani-adulti di dover spostarsi o
migrare per trovare un lavoro idoneo al livello di istruzione raggiunto. Se i
familiari sono presenti spesso si trovano con problematiche di gestione o di
adeguata assistenza, anche perché sono sempre più i giovani-adulti che restano
single e/o si trovano a dover lavorare fuori casa per molte ore al giorno per
guadagnarsi da vivere. Sempre più spesso ciò accade anche alle donne che, oltre
ad avere una naturale maggior propensione al lavoro di “cura”, in passato
svolgevano un ruolo fondamentale di assistenza a livello di nucleo familiare, spesso
allargato.
Molte ricerche scientifiche dimostrano però che
l’anziano vive, guarisce, reagisce meglio alla malattia e all’invalidità se può
rimanere nelle propria casa piuttosto che in un istituto. E qui che diventa spesso essenziale il ruolo di una assistente
familiare, o badante che dir si voglia, che aiuti la persona non autosufficiente a rimanere nel suo ambiente usuale di vita. In Italia si stima operino oggi complessivamente 744.000 assistenti
familiari, di cui 700.000 straniere. È cioè presente una assistente familiare
(italiana o straniera) ogni 15 anziani. Per avere un confronto, il numero di
dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale è inferiore alla stima del numero
di badanti (circa 638.000 dipendenti, in costante calo negli ultimi anni). Ecco quindi che dar vita ad una rivista come questa, che si rivolge
specificatamente a questo “popolo” di persone che prestano assistenza a un
mondo particolare quale è quello dell’anziano, fragile nella sua complessità,
credo sia oggi non solo utile ma ormai doveroso.
In
libreria
Valter Giantin
QUANDO FINISCE LA VITA?
La nutrizione artificiale tra assistenza di base e accanimento terapeutico
Un libro che non contiene
risposte precostituite, ma aiuta chi si interroga profondamente su come
assistere un malato fino agli ultimi momenti dell’esistenza, nel pieno rispetto
della sua dignità. I temi di bioetica provocano facilmente contrapposizioni
irriducibili, in quanto fanno riferimento ai valori fondamentali di ogni persona.
Quando poi si parla di fine vita, ogni parola, ogni azione acquista un peso e
una delicatezza estrema. Il caso americano di Terry Schiavo o quello italiano
di Eluana Englaro sono solo due tra gli episodi più noti della cronaca che
hanno posto l’opinione pubblica di fronte ad interrogativi quanto mai
problematici. Valter Giantin, geriatra, lavora quotidianamente in questo campo,
con la responsabilità di prendere decisioni difficili. Dalla sua esperienza è
nato il volume che affronta il tema della nutrizione e idratazione artificiale
dal punto di vista clinico, psicologico, sociologico, filosofico/teologico,
legale, bioetico, attraverso anche nuovi dati scientifici. Mettendo a confronto
circa 25 autori, fa dialogare esperienze, ricerche scientifiche, posizioni
filosofiche, casi di cronaca, professionalità diverse, dimostrando che è spesso
possibile (e utile) trovare
insieme la pista da seguire. Caso per caso. Nel testo sono analizzati alcuni
rilevanti casi giudiziari sull’argomento, approfondendo anche l’approccio
medico-legale.
In appendice il documento del
Comitato Nazionale di Bioetica sull’alimentazione ed idratazione artificiale di
pazienti in stato vegetativo persistente con il commento inedito del Presidente
dello stesso CNB, il giurista Francesco d’Agostino.
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