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mercoledì 15 maggio 2013

Valter Giantin: Invecchiamento della popolazione, complessità del paziente anziano e nuovo popolo delle badanti

Il geriatra Valter Giantin, che lavora nella Clinica Geriatrica di Padova diretta dal prof. Enzo Manzato, mi ha concesso di inserire nel blog l'articolo che è stato pubblicato nel primo numero della rivista "Badanti" dal titolo: Invecchiamento della popolazione, complessità del paziente anziano e nuovo popolo delle badanti.
Scenari futuri per l'assistenza famigliare
La popolazione nel mondo sta invecchiando, come lo dimostrano dati che provengono non solo dall’Italia ma anche da altri paesi europei, da paesi in rapido sviluppo economico come Cina e India, e anche da paesi africani come la Nigeria. Nel 2050 avremo circa 4 volte la percentuale di persone sopra i 60 anni rispetto al 1950, che raggiungeranno circa la metà dei residenti in Italia (Figura 1). L’Italia sembra comunque il Paese in cui questo fenomeno sarà più evidente. Ciò che più crescerà è il numero di persone in età avanzata o molto avanzata (sopra 80 anni di età) che in secolo diventerà in Italia circa 15 volte quanto era nel 1950 (Figura 2).
L’Italia che agli inizi di questo secolo è stato il primo paese al mondo in cui gli ultra-sessantenni hanno superato in percentuale i soggetti con età inferiore ai 20 anni, sarà anche il primo paese al mondo, probabilmente tra il 2030 ed il 2040, in cui gli ultraottantenni supereranno gli under-20 (Figura 3).
Ciò se da un lato è indice di una aumentata speranza di vita, pone anche dei problemi di gestione della non autosufficienza, molto importanti. Infatti con l’aumentare del numero di anni che mediamente si vive, stiamo assistendo anche ad un aumento del numero di disabilità e di non autosufficienza che la popolazione si trova a vivere. Se a 60 anni abbiamo solo un 5-6% della popolazione che presenta almeno una disabilità, sopra gli ottant’anni questa percentuale aumenta vertiginosamente a più del 50%, creando non pochi problemi di gestione socio-sanitaria ed economica. L’invecchiamento della popolazione in Italia è dovuto non solo al miglioramento dello stato di salute e all’allungamento della vita media, ma anche all’importante diminuzione dei numero medio di figli per donna (attualmente in Italia circa 1,3-1,4 per donna).
Se nel passato anche recente il numero di figli che andava diminuendo compensava efficacemente il numero di anziani che cresceva, negli anni a venire, vi sarà soprattutto un forte aumento della popolazione anziana, con una alterazione drammatica nei prossimi anni, dell’indice di dipendenza, che rappresenta il carico sociale ed economico della popolazione non attiva (0-14 anni e 65 anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni); vedi tabella 1.


Donne e istruite, le più longeve
La spettanza di vita (il numero medio di anni che una persona può contare di vivere dalla nascita) che attualmente per gli uomini è di 79,5 anni, nel 2065 aumenterà fino a 86,6 anni. Le donne, più longeve, che ad oggi hanno una spettanza di vita di 84,6 anni, nel 2065 potrebbero vivere in media fino ai 91,5 anni. La spettanza di vita (il numero medio di anni che una persona può contare di vivere dalla nascita) che attualmente per gli uomini è di 79,5 anni, nel 2065 aumenterà fino a 86,6 anni. Le donne, più longeve, che ad oggi hanno una spettanza di vita di 84,6 anni, nel 2065 potrebbero vivere in media fino ai 91,5 anni. Una conseguenza del fatto che le donne vivono più a lungo degli uomini è che, ad oggi, circa il 50% delle donne anziane risultano vedove (spesso più sole), contro il 12% dei maschi, mentre la maggior parte degli uomini anziani, circa l’80%, risulta coniugato.
Il grado di istruzione sembra avere un ruolo importante nella durata della vita: è stato dimostrato infatti come la spettanza di vita aumenti con l’aumentare del tasso di scolarizzazione, ossia più è istruito un anziano più a lungo vive. Ciò pare sorprendente se si pensa che è stato invece dimostrato come aumentando la spesa sanitaria per persona, non si osservano gli stessi effetti.
E' stato anche osservato che gli anziani che hanno una bassa scolarità sono più spesso dipendenti nel mangiare,vestirsi, lavarsi, andare al bagno, rispetto a quelli che hanno frequentato per più anni la scuola. Così anche alcune patologie tipiche dell’anziano come la demenza, l’ictus, lo scompenso cardiaco sembrano colpire maggiormente i soggetti con una bassa istruzione.
Si noti come attualmente la maggior parte degli anziani possiede una scolarità bassa (molto più le femmine rispetto ai maschi) e hanno come titolo di studio solo alcuni anni della scuola elementare; pochi sono coloro che sono riusciti a studiare fino la scuola superiore (6-7%) e pochissimi posseggono una laurea (2-3%). Ma quando possiamo definire un soggetto anziano? Diverse sono le definizioni proposte e non vi è una univoca scelta neppure nel modo scientifico. L’anziano è sicuramente un soggetto in cui gli organi e i sistemi hanno una ridotta riserva funzionale e in cui l’organismo ha una ridotta capacità di mantenere in equilibrio le proprie funzioni, per cui diventa più suscettibile a diverse malattie.

Anzianità e fragilità
L’invecchiamento della popolazione ha portato ad un importante aumento di soggetti considerati “fragili”. La fragilità sembra colpire un’alta percentuale della popolazione anziana, soprattutto di quella più anziana, generando una grande necessità di bisogni assistenziali.
Si intende per fragile “un soggetto di età avanzata o molto avanzata, affetto da multiple patologie croniche, clinicamente instabile, frequentemente disabile, nel quale sono spesso coesistenti problematiche di tipo socio-economico, quali soprattutto solitudine e povertà” (Ferrucci et al., 2001).
L’anziano fragile è ad alto rischio di ospedalizzazione o istituzionalizzazione (inserimento in un istituto di cura o riposo per anziani).
Nei soggetti anziani, soprattutto se fragili, è comune riscontrare le cosiddette sindromi geriatriche ossia condizioni patologiche che tendono a presentarsi in maniera ricorrente o cronica, spesso dovute a molti fattori, ed associate frequentemente a difficoltà nell’eseguire le normali attività della vita quotidiana.
Esempi di sindromi geriatriche sono le seguenti (secondo la regola della «I»): Immobilità, Instabilità, Incontinenza, Insonnia, Isolamento e depressione, Impairment (deficit) di vista e udito, Inanizione (malnutrizione), Ipocinesia (allettamento).
Quando una malattia colpisce un soggetto anziano, spesso è molto più complesso gestirla rispetto al giovane-adulto. Anzitutto vuole dire alle persone che gli stanno accanto per cui è facile che si arrivi tardi a diagnosticare e quindi a trattare la malattia.
Inoltre anche le malattie stesse si presentano in modo diverso in età avanzata, con segni e sintomi che spesso sono diversi da quelli delle persone giovani-adulte, e talvolta non sono così chiari e vengono confusi con una semplice stanchezza, mancanza di appetito o di voglia di fare, tristezza, apatia, ecc.
Bisogna poi considerare che quando una malattia colpisce un soggetto anziano, colpisce un organismo che spesso ha già altre malattie e che ha una riserva funzionale più bassa rispetto a un soggetto più giovane. Per questo motivo è più facile che l’anziano quando si ammala abbia poi delle complicanze a cascata ossia la comparsa di una malattia gli può provocare a sua volta problemi anche in altri organi.
Un semplice esempio può essere il seguente: una semplice stipsi se diventa ostinata può provocare vomito e scomparsa dell’appetito, per cui è più facile che il paziente si disidrati, e ciò di conseguenza porta a insufficienza del rene ma anche a confusione mentale e disorientamento nello spazio e nel tempo, con rischio di caduta, frattura e allettamento.
Fondamentale è poi ricordare che gli anziani assumono spesso molti farmaci e di conseguenza è più facile che si possano verificare effetti collaterali degli stessi o che i vari farmaci possano interagire tra di loro provocando ulteriori problematiche.
Non bisogna dimenticare come la complessità del paziente anziano è dovuta anche al fatto che spesso presenta problemi di tipo cognitivo, demenza con disturbi del comportamento, dell’alimentazione, insonnia e molto spesso soffre di ansia e depressione

Contesti sociali
Tutto questo, se viene a presentarsi in un contesto sociale difficile, come è frequente che oggi accada, rende la condizione dell’anziano ancora più problematica. Molti sono infatti gli anziani soli anche perché come abbiamo visto aumenta l’indice di dipendenza o perché non hanno familiari adulti a cui fare riferimento, sia per la denatalità nelle decadi precedenti, sia per la necessità sempre più grande de giovani-adulti di dover spostarsi o migrare per trovare un lavoro idoneo al livello di istruzione raggiunto. Se i familiari sono presenti spesso si trovano con problematiche di gestione o di adeguata assistenza, anche perché sono sempre più i giovani-adulti che restano single e/o si trovano a dover lavorare fuori casa per molte ore al giorno per guadagnarsi da vivere. Sempre più spesso ciò accade anche alle donne che, oltre ad avere una naturale maggior propensione al lavoro di “cura”, in passato svolgevano un ruolo fondamentale di assistenza a livello di nucleo familiare, spesso allargato. 
Molte ricerche scientifiche dimostrano però che l’anziano vive, guarisce, reagisce meglio alla malattia e all’invalidità se può rimanere nelle propria casa piuttosto che in un istituto. E qui che diventa spesso essenziale il ruolo di una assistente familiare, o badante che dir si voglia, che aiuti la persona non autosufficiente a rimanere nel suo ambiente usuale di vita. In Italia si stima operino oggi complessivamente 744.000 assistenti familiari, di cui 700.000 straniere. È cioè presente una assistente familiare (italiana o straniera) ogni 15 anziani. Per avere un confronto, il numero di dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale è inferiore alla stima del numero di badanti (circa 638.000 dipendenti, in costante calo negli ultimi anni). Ecco quindi che dar vita ad una rivista come questa, che si rivolge specificatamente a questo “popolo” di persone che prestano assistenza a un mondo particolare quale è quello dell’anziano, fragile nella sua complessità, credo sia oggi non solo utile ma ormai doveroso.

In libreria
Valter Giantin
QUANDO FINISCE LA VITA? La nutrizione artificiale tra assistenza di base e accanimento terapeutico
Un libro che non contiene risposte precostituite, ma aiuta chi si interroga profondamente su come assistere un malato fino agli ultimi momenti dell’esistenza, nel pieno rispetto della sua dignità. I temi di bioetica provocano facilmente contrapposizioni irriducibili, in quanto fanno riferimento ai valori fondamentali di ogni persona. Quando poi si parla di fine vita, ogni parola, ogni azione acquista un peso e una delicatezza estrema. Il caso americano di Terry Schiavo o quello italiano di Eluana Englaro sono solo due tra gli episodi più noti della cronaca che hanno posto l’opinione pubblica di fronte ad interrogativi quanto mai problematici. Valter Giantin, geriatra, lavora quotidianamente in questo campo, con la responsabilità di prendere decisioni difficili. Dalla sua esperienza è nato il volume che affronta il tema della nutrizione e idratazione artificiale dal punto di vista clinico, psicologico, sociologico, filosofico/teologico, legale, bioetico, attraverso anche nuovi dati scientifici. Mettendo a confronto circa 25 autori, fa dialogare esperienze, ricerche scientifiche, posizioni filosofiche, casi di cronaca, professionalità diverse, dimostrando che è spesso
possibile (e utile) trovare insieme la pista da seguire. Caso per caso. Nel testo sono analizzati alcuni rilevanti casi giudiziari sull’argomento, approfondendo anche l’approccio medico-legale.
In appendice il documento del Comitato Nazionale di Bioetica sull’alimentazione ed idratazione artificiale di pazienti in stato vegetativo persistente con il commento inedito del Presidente dello stesso CNB, il giurista Francesco d’Agostino.

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