Buoni maestri |
Cattivi maestri |
Merita una particolare riflessione la conclusione: "Chi muore sereno come è nato ha conquistato la saggezza; e invece, quando il pericolo ci è vicino, abbiamo paura, il coraggio se ne va, scoloriamo in volto, versiamo lacrime inutili. Che c'è di più vergognoso dell'essere turbati proprio alle soglie della serenità? Il motivo è che siamo privi di ogni bene e soffriamo di aver sprecato la vita. Non ce n'è rimasto niente: è passata, scivolata via. Nessuno si preoccupa di vivere bene, ma di vivere a lungo; eppure tutti possono fare in modo di vivere bene, nessuno di vivere a lungo".
Dopo la lettura della lettera le chiedo notizie sulla vita di Seneca, un filosofo che ho letto solo di sfuggita. Mi legge quello che c'è scritto nell'introduzione al libretto, riporta alcuni considerazioni sulla sua vita. Una descrizione più esauriente la trovo in wikipedia.
"Lucio
Anneo Seneca, in latino Lucius Annaeus Seneca, anche noto come Seneca o Seneca
il giovane (Corduba (Spagna), 4 a.C. – Roma, 65), è stato un filosofo, poeta,
politico e drammaturgo romano.(...)
L'opera principale della sua produzione più tarda, e la più
celebre in assoluto, sono le Epistulae morales ad Lucilium, una raccolta di 124
lettere divise in 20 libri di differente estensione (fino alle dimensioni di un
trattato) e di vario argomento indirizzate all'amico Lucilio (personaggio di
origini modeste, proveniente dalla Campania, assurto al rango equestre e a
varie cariche politico-amministrative, di buona cultura, poeta e scrittore). (...)
Il
togliersi la vita, d'altronde, fu in perfetta armonia con i principi professati
dallo stoicismo di età imperiale, di cui Seneca fu uno dei maggiori esponenti:
il saggio deve giovare allo stato, res publica minor, ma, piuttosto che
compromettere la propria integrità morale, deve essere pronto all'extrema ratio
del suicidio.
Oibò! Ho sempre pensato il contrario, cioè che cattivi maestri producano cattivi alunni. Allargando il discorso potremmo anche affermare che cattivi ministri dell'istruzione nominano cattivi direttori generali e questi a loro volta nominano cattivi dirigenti provinciali e cattivi presidi. Questi ultimi privilegiano cattivi insegnanti e, alla fine del ciclo, i cattivi docenti formano cattivi alunni. Il processo si può invertire? A mio avviso no, nel caso della scuola. Può accadere però che in alcune scuole e in alcune classi si ragruppino alunni difficili, non cattivi, che rendono l'insegnamento e la gestione della classe e/o della scuola difficoltosa.
Ma il ragionamento si può allargare alla politica? In Italia abbiamo pessimi politici perchè eletti da pessimi cittadini, o vale il contrario, cattivi cittadini eleggono politici corrotti?
Nel viaggo d'istruzione a Venezia che ho descritto nel post precedente, clicca qui, ho intravvisto in mezzo alla folla, nelle vicinanze di San Marco, il quasi ottantenne (li porta bene) Toni Negri, vestito dimessamente, indossava un kway e aveva una borsetta di plastica in mano. Non ho fatto in tempo a fermarlo e a presentarlo agli studenti. Ho chiesto loro se sapevano chi era Toni Negri, solo Marco aveva qualche ricordo del "cattivo maestro", così lo definivano ai miei tempi e credo tuttora. Penso che avrebbe dialogato volentieri con noi, anche se eravamo degli sconosciuti. E' stato un professore universitario padovano, ex socialista, ex onorevole del partito radicale, ex fuoriuscito a Parigi ed ex carcerato (condannato per i reati di banda armata, associazione sovversiva e partecipazione, sotto il profilo del concorso morale, alla rapina di Argelato in cui morì il brigadiere dei carabinieri Andrea Lombardini, a 12 anni di reclusione). Ecco come si esprimeva Toni Negri nel 2008 a proposito dei cattivi maestri, clicca qui.
Riporto la conclusione della sua apologia dei cattivi maestri:
Dopo
essere tornato da un viaggio in Egitto iniziò l'attività forense e la carriera
politica (divenne dapprima questore ed entrò a far parte del Senato) godendo di
una notevole fama come oratore, al punto di far ingelosire l'imperatore
Caligola, che nel 39 lo voleva eliminare, soprattutto per la sua concezione
politica rispettosa delle libertà civili. Si salvò grazie ai buoni uffici di
una amante del princeps, la quale affermava che comunque sarebbe morto presto a
causa della sua salute.
Due
anni dopo, nel 41, il successore di Caligola, Claudio, lo condannò all'esilio
in Corsica con l'accusa di adulterio con la giovane Giulia Livilla (figlia di
Germanico), sorella di Caligola.
In
Corsica Seneca restò fino al 49, quando Agrippina minore riuscì ad ottenere il
suo ritorno dall'esilio e lo scelse come tutore del figlio Nerone. Secondo
Tacito sarebbero tre i motivi che spinsero Agrippina a questo: l'educazione di
suo figlio, attirarsi le simpatie dell'opinione pubblica (Seneca era
considerato uomo di grande cultura) e avere stretti rapporti con lui per
riuscire ad impadronirsi del potere.
Seneca
accompagnò l'ascesa al trono del giovane Nerone (54 - 68) e lo guidò durante il
suo cosiddetto "periodo del buon governo", il primo quinquennio del
principato. Assunse un grande potere politico, che gli consentì di divenire
estremamente ricco. (...) Progressivamente, a causa delle intemperanze del giovane imperatore,
tale rapporto si deteriorò. Giustificò come il "male minore"
l'esecuzione della madre di Nerone, Agrippina, nel 59, e se ne assunse tutto il
peso morale. In seguito, il rapporto con l'imperatore peggiorò e temendo quindi
per la propria vita Seneca si ritirò a vita privata, donando a Nerone tutti i
suoi averi e dedicandosi interamente ai suoi studi e insegnamenti. Famoso il
suo epistolario con Lucilio, al tempo Governatore della Sicilia, di origine
pompeiana.(...)
Nerone,
tuttavia, continuava a nutrire una crescente insofferenza verso Seneca. Egli non aspettava che un
pretesto per eliminarlo. L'occasione venne col fallimento della congiura dei
Pisoni (aprile 65) contro la sua persona, della quale Seneca forse era
solamente informato, ma di cui non si sa se sia stato partecipe. Ricevette
quindi l'ordine di togliersi la vita (mi ha colpito questo modo di eliminare gli avversari). Ecco una descrizione truculenta di Tacito sulla sua morte: "Si tagliò le vene, ma poiché il sangue,
lento per la vecchiaia e la denutrizione, non defluiva, dovette ricorrere alla
cicuta, veleno usato anche da Socrate. Tuttavia la lenta emorragia non gli
permise di deglutire; così, secondo la testimonianza di Tacito, si immerse in
una vasca di acqua calda per favorire la perdita di sangue e raggiungere una
morte lenta e straziante, che arrivò per soffocamento.
La morte di Seneca, 1684, olio su tela di
Luca Giordano, Parigi, Museo del Louvre
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La
vita non è, infatti, uno di quei beni di cui nessuno ci può privare, rientrando
quindi nella categoria degli indifferenti, quelli sono solo la saggezza e la
virtù; la vita è piuttosto come la ricchezza, gli onori, gli affetti: uno di
quei beni, dunque, che il saggio deve essere pronto a restituire quando la
sorte li chiede indietro. Seneca, perciò, affrontò l’ora fatale con la serena
consapevolezza del filosofo: egli, come racconta Tacito (Annales, LXII), non
potendo fare testamento, lasciò in eredità ai discepoli l’immagine della sua
vita, richiamandoli alla fermezza per le loro lacrime, dato che esse erano in
contrasto con gli insegnamenti che lui aveva sempre dato loro. Il vero saggio
deve raggiungere infatti l’apatheia, apatia, ovvero l'imperturbabilità che lo
rende impassibile di fronte ai casi della sorte.
La
morte di Seneca, per di più, così eccelsa nella sua esemplarità, accomuna
Seneca a Socrate, narrata nel Fedone di Platone.
Ma veniamo al titolo del post: I cattivi maestri, a volte, sono prodotti da cattivi alunni? Nel libretto si legge che l'educazione di Nerone non ha prodotto buoni risultati, come ben sappiamo dalla storia di Nerone. La vita di Nerone, anche se recentemente un po' rivalutata, è un intrecciarsi di congiure, omicidi, incesti, matricidio, uxoricidio e suicidi, compreso il suo avvenuto all'età di trentadue anni. "Sarebbe difficile e forse ingiusto - afferma il commentatore del libretto, a proposito di Seneca e del suo allievo Nerone - dare la colpa al filosofo e precettore. I cattivi maestri, a volte, sono prodotti da cattivi alunni".Oibò! Ho sempre pensato il contrario, cioè che cattivi maestri producano cattivi alunni. Allargando il discorso potremmo anche affermare che cattivi ministri dell'istruzione nominano cattivi direttori generali e questi a loro volta nominano cattivi dirigenti provinciali e cattivi presidi. Questi ultimi privilegiano cattivi insegnanti e, alla fine del ciclo, i cattivi docenti formano cattivi alunni. Il processo si può invertire? A mio avviso no, nel caso della scuola. Può accadere però che in alcune scuole e in alcune classi si ragruppino alunni difficili, non cattivi, che rendono l'insegnamento e la gestione della classe e/o della scuola difficoltosa.
Ma il ragionamento si può allargare alla politica? In Italia abbiamo pessimi politici perchè eletti da pessimi cittadini, o vale il contrario, cattivi cittadini eleggono politici corrotti?
Nel viaggo d'istruzione a Venezia che ho descritto nel post precedente, clicca qui, ho intravvisto in mezzo alla folla, nelle vicinanze di San Marco, il quasi ottantenne (li porta bene) Toni Negri, vestito dimessamente, indossava un kway e aveva una borsetta di plastica in mano. Non ho fatto in tempo a fermarlo e a presentarlo agli studenti. Ho chiesto loro se sapevano chi era Toni Negri, solo Marco aveva qualche ricordo del "cattivo maestro", così lo definivano ai miei tempi e credo tuttora. Penso che avrebbe dialogato volentieri con noi, anche se eravamo degli sconosciuti. E' stato un professore universitario padovano, ex socialista, ex onorevole del partito radicale, ex fuoriuscito a Parigi ed ex carcerato (condannato per i reati di banda armata, associazione sovversiva e partecipazione, sotto il profilo del concorso morale, alla rapina di Argelato in cui morì il brigadiere dei carabinieri Andrea Lombardini, a 12 anni di reclusione). Ecco come si esprimeva Toni Negri nel 2008 a proposito dei cattivi maestri, clicca qui.
Riporto la conclusione della sua apologia dei cattivi maestri:
Di quale cattivo maestro abbiamo bisogno
oggi? Probabilmente di molti. Che si sia entrati in un mondo nuovo, infatti,
nessuno dubita più. Non ci basteranno dunque tutti i cattivi maestri insieme ad
orientarci, socratici, machiavellici, spinozisti, nietzscheani… No, non basta.
Questa volta i cattivi maestri devono diventare moltitudine. Nessuno ha mai
provato a confrontarsi con una moltitudine di uomini liberi, ed eguali, capaci
di amore e forti! Noi dobbiamo provarci. Questa moltitudine di cattivi maestri
è la carne del mondo che viene, è l’accesso a un età di mostri. L’indignazione,
ovvero, come si disse di Socrate, la corruzione dei giovani, sono il nostro
ideale morale.
Ma Toni Negri non può essere associato ai quattro filosofi a causa dei reati che ha commesso!
Ma Toni Negri non può essere associato ai quattro filosofi a causa dei reati che ha commesso!
Ecco il testo della lettera di Lucio
Anneo Seneca a Lucilio, tratta dal Libro
3, "La vita corre via" .
Tu
ormai capisci che devi tirarti fuori da queste occupazioni belle e nocive; ma
chiedi come puoi farlo. Certi suggerimenti li si può dare solo di persona; il
medico non può scegliere per lettera l'ora del pranzo o del bagno: deve tastare
il polso. Dice un vecchio proverbio che il gladiatore decide le sue mosse
nell'arena: gliele suggeriscono il volto dell'avversario, i movimenti delle
mani, l'inclinazione stessa del corpo, che egli studia attentamente. Sulle
consuetudini e le regole di condotta si possono rivolgere raccomandazioni sul
piano generale per mezzo di qualcuno o per iscritto; consigli simili non si
danno solo agli assenti, ma addirittura ai posteri; ma sul tempo o sulle
modalità delle azioni nessuno può consigliare da lontano: bisogna decidere sul
posto. Non basta essere presenti, bisogna avere gli occhi aperti per scorgere
l'occasione propizia e fugace; devi cercare di scovarla, e se la vedi, devi
coglierla al volo e mettere ogni slancio, ogni tua forza per liberarti di
questi tuoi impegni. E ora ascolta bene il mio giudizio: io penso che
da
una vita come questa devi uscire, oppure uscire addirittura dalla vita. Ma
penso anche che non devi farlo in maniera brusca: sciogli più che spezzare quei
nodi in cui ti sei malamente impigliato, e tuttavia, se non ci sarà altro modo
di scioglierli, spezzali. Nessuno è tanto pavido da preferire di stare sempre
in bilico, piuttosto che di cadere una volta per
tutte.
Frattanto, per prima cosa, non
crearti altri impedimenti: bastano questi affari in cui ti sei cacciato o, come
vorresti far credere, sei finito. Non devi cercartene altri o non avrai più
scusanti: sarà chiaro che te li sei voluti. Le scuse che in genere si accampano
sono pretestuose: "Non ho potuto fare diversamente. Che sarebbe accaduto
se mi fossi rifiutato? Era necessario." Inseguire il successo non è
indispensabile per nessuno: ma, se anche non vogliamo opporci, possiamo
esercitare una resistenza passiva senza incalzare la fortuna che ci porta
avanti.
Non
avertela a male se i consigli non te li do io solo, ma ricorro anche ad altri,
certo più saggi di me, ai quali di solito mi rivolgo, quando devo prendere una
decisione. Leggi a questo proposito la lettera che Epicuro scrisse a Idomeneo:
lo prega di fuggire il più in fretta possibile, prima che intervenga una forza
maggiore e gli tolga la libertà di ritirarsi. Occorre, però agire solo quando si potrà
farlo in maniera adeguata, aggiunge, e al momento opportuno; ma quando si
presenta l'occasione a lungo attesa, bisogna balzare su prontamente. Egli non
ammette che sonnecchi chi pensa alla fuga, e pronostica un esito positivo anche
nelle situazioni più difficili: basta non affrettarsi prima del tempo, e non
ritirarsi al momento dell'azione. A questo punto, credo, vorrai sentire anche
l'opinione degli Stoici. Nessuno può accusarli di temerità: sono più cauti che
coraggiosi. Ti aspetti forse che ti dicano: "È vergognoso cedere al peso;
lotta con l'impegno che hai assunto. L'uomo che fugge la fatica e non dimostra
un coraggio crescente di fronte alle difficoltà non è forte e valoroso." Ti diranno così, se vale la pena di
perseverare, se non si devono compiere o sopportare azioni indegne di un uomo
onesto; altrimenti egli non si logorerà in fatiche spregevoli e infamanti, né
vorrà mantenere delle occupazioni solo per essere occupato. L'uomo onesto non
agirà neppure come pensi tu, disposto a sopportare, impelagato nelle ambizioni,
gli affanni che ne derivano. Quando vedrà che la situazione in cui si dibatte è
grave, incerta e ambigua, si ritirerà senza volgere le spalle, retrocedendo a
poco a poco fino a mettersi al sicuro. È facile, caro Lucilio, sbarazzarsi degli
impegni, se ne disprezzi gli utili: sono proprio questi che ci fanno indugiare e
ci trattengono. "E allora? Devo abbandonare tante grandi speranze?
Rinunciare proprio al momento di raccogliere i frutti? Nessuno più al mio
fianco, la mia lettiga senza accompagnatori, l'atrio della mia casa
deserto?" A queste miserie gli uomini rinunciano malvolentieri e mentre le
disprezzano si compiacciono delle gratificazioni che danno. Si lamentano dell'ambizione
come dell'amante: se guardi ai loro veri sentimenti, capisci che non lo fanno
per odio, ma solo per attaccare briga. Esamina a fondo queste persone che
deplorano quanto hanno desiderato e parlano di fuggire da quei beni per loro
indispensabili; vedrai: indugiano volontariamente in quella situazione che
dicono di sopportare a stento e con dolore. È proprio così , Lucilio: pochi
sono costretti alla schiavitù, la maggior parte si vincola da sé. Ma se hai intenzione
di uscirne e cerchi davvero la libertà e chiedi un rinvio solo per mettere in
atto le tue decisioni serenamente, perché non dovrebbe approvarti tutta la
schiera degli Stoici? Tutti, da Zenone a Crisippo, ti esorteranno alla moderazione
e all'onestà. Ma se tergiversi per vedere quanto puoi portare con te e con
quanto denaro puoi disporre convenientemente il tuo ritiro, non troverai mai
una via d'uscita: nessuno può nuotare carico di bagagli. Elevati a una vita
migliore col favore di dio, ma non quel favore che egli dimostra dispensando
benignamente splendidi mali con una sola scusante: quei doni che bruciano, che
tormentano, sono stati concessi su richiesta.
Già
mettevo il sigillo alla lettera: ma devo riaprirla, perché ti arrivi col
consueto piccolo dono e porti con sé una bella massima; me ne viene in mente
una, non so se più vera o più eloquente. "Di chi è?" chiedi. Di
Epicuro; ancora una volta faccio miei bagagli di altri: "Tutti escono
dalla vita come se vi fossero entrati da poco. " Pensa a chi vuoi, giovani,
vecchi, uomini maturi; li troverai ugualmente timorosi della morte, ugualmente
ignari della vita. Nessuno ha concluso niente; rimandiamo sempre tutto al
futuro. Quello che più mi piace di questa frase è che rimprovera ai vecchi di
essere infantili. "Nessuno," dice, "muore diverso da come è
nato." È falso: moriamo peggiori di quando siamo nati. E la colpa è
nostra, non della natura. Essa ha il diritto di lamentarsi con noi: "E
allora?" dice, "vi ho generato senza desiderî, senza paure, senza
superstizioni, senza perfidie, senza altri mali: uscite dalla vita quali siete
entrati". Chi muore sereno come è
nato ha conquistato la saggezza; e invece, quando il pericolo ci è vicino,
abbiamo paura, il coraggio se ne va, scoloriamo in volto, versiamo lacrime
inutili. Che c'è di più vergognoso dell'essere turbati proprio alle soglie
della serenità? Il motivo è che siamo privi di ogni bene e soffriamo di aver
sprecato la vita. Non ce n'è rimasto niente: è passata, scivolata via. Nessuno
si preoccupa di vivere bene, ma di vivere a lungo; eppure tutti possono fare in
modo di vivere bene, nessuno di vivere a lungo. Stammi bene.
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