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giovedì 4 ottobre 2012

Immaginario e divertente messaggio dell'Associazione Docenti italiani per l'inizio dell'anno scolastico 2012-2013


Ho inserito su questo blog, mercoledì 12 settembre 2012 primo giorno di scuola nel Veneto, un post con saluto di IASI agli alunni, genitori, docenti, dirigenti ed ata
E' opinione comune che una ex maestra non sia adatta a dirigere un Istituto Professionale per l'Industria e l'Artigianato o scuole simili (un tempo ciò era impossibile, bisognava avere una laurea che permettesse di insegnare una materia scientifica/tecnica in quella scuola). Ma i tempi e le norme cambiano e quindi ben venga  il saluto, che l'Associazione Docenti italiani (ADi) rivolge a docenti e dirigenti, pronunciato da un'immaginaria nuova dirigente, giovane, donna ed ex maestra chiamata a governare un istituto professionale industria e artigianato. Il messaggio è l'assunzione della crisi come motore per avviare profonde trasformazioni.
Per semplificare la lettura ho copiato e incollato il testo senza le bellisime foto che lo accompagnano, tranne una del pittore Andre Henri Dargelas dal titolo: Proteggere gli scolari. Per vedere il saluto in versione integrale, clicca qui.
Congratulazioni alla brava presidente dell'ADi, Alessandra Cenerini!
LA SCUOLA AI TEMPI DELLA CRISI
Messaggio dell'ADi per l'inizio dell'anno scolastico 2012-2013
Sabato 1° settembre 2012 - Diario del 1° Collegio dei docenti

Andre Henri Dargelas   (1828 - 1906)

Entrammo alla spicciolata, tra mugugni vari, per quel collegio convocato di sabato mattina, a fine agosto. Ma c'era dell'altro. Un'insolita, morbosa, curiosità per la nuova dirigente, vincitrice dell'ultimo concorso.
Ci avevano detto che era una donna e già questa era una grossa novità per un istituto professionale per l'industria e l'artigianato come il nostro. Ma non sapevamo altro.
Poi le notizie cominciarono a filtrare e rincorrersi.
“Pare non abbia neanche 40 anni”, disse con l'occhietto vispo il prof di fisica del corso A. “Sarà uno scorfano, un ingegnere fallito”, tuonò la Malusardi, sempre disponibile verso il prossimo.
“Ma no, ma no” intervenne la sadomaso di matematica (10 compiti in classe a bimestre con una percentuale del 50% di 3 e mezzo) “è…………..” e ci lasciò con il fiato sospeso. “E' che cosa?” sbottammo tutti insieme. “Pare che sia anche carina, ma è…..”
“Ci vuoi dire che cos'è?” Con l'aria affranta e una sottile smorfia di disgusto, pronunciò quella parola come una bestemmia.
“E', anzi era, una M.A.E.S.T.R.A! Ma vi rendete conto: una M.A.E.S.T.R.A. in un istituto professionale industriale”. “Bene!” esclamò con soddisfazione incontenibile la Pausini, giovane prof di inglese, ottimista e socievole, “sarà sicuramente meno stronza di te e di tutti gli ingegneri presidi che abbiamo avuto finora”.
Avvertimmo dei passi.
Una giovane donna, dal lungo collo, come un dipinto di Modigliani, occhi neri penetranti, pelle ambrata illuminata da una camicetta bianca, entrò senza apparente imbarazzo.
Salutò tutti cordialmente e si sedette.
La crisi: un'occasione per cambiare
“Sono stata nominata dirigente in un momento molto difficile, la crisi sta …”
“Già la crisi, come va oggi Wall Street?” interruppe con voce di sfida il prof di diritto ed economia, esperto virtuale di borsa, come si autodefinisce.
“Di sabato le Borse sono chiuse. In ogni caso per Wall Street avremmo dovuto aspettare stasera. Questione di fusi orari, vero professore?”
Da quel momento non si sentì più volare una mosca.
“Dicevo che siamo tutti consapevoli della crisi, e tutti sappiamo che la scuola non ne è estranea. Vorrei però che insieme considerassimo che l'emergenza di una crisi può anche rappresentare una potenziale opportunità per profonde trasformazioni personali e collettive. Occorre avere la capacità di mettere in discussione la visione, i riferimenti, la prospettiva sui quali abbiamo fino a questo momento costruito il nostro agire. Non è mai facile, tanto meno nella scuola, ma possiamo provarci. E' per questo che ho scelto un istituto professionale”.
Pausa. Nessun commento, nessuna domanda.
“Qui vengono i ragazzini più svantaggiati, con percorsi scolastici costellati di insuccessi, molti stranieri, situazioni familiari ai limiti dell'emarginazione, spesso violenti e incontenibili.
Le situazioni più gravi, come sempre, le troviamo in prima. Anche in questa scuola, come in tante altre, ho visto che c'è il 30% di bocciati nelle prime, ragazzi che nella maggioranza dei casi non si iscrivono più l'anno successivo. Il tutto accompagnato da tassi altissimi di assenteismo.
La prima cosa che insieme a voi vorrei costruire è una scuola in cui i ragazzi trovino quello che in tempi di crisi non hanno quasi mai a casa: un ambiente sereno, accogliente, spazi di studio confortevoli, calore, rispetto e comprensione. Vorrei non essere fraintesa, tutto questo non è buonismo e non è in contrasto con il rigore e la serietà, che, al contrario, ne sono gli ingredienti fondamentali. Né significa ritornare a una scuola che si ritrae in se stessa, chiudendosi all'esterno. Sarebbe ridicolo. Quello che vi chiedo è l'esatto contrario: conoscere e collegare la scuola a tutto ciò che avviene fuori di qui per combattere meglio la nostra battaglia per l'istruzione. La crisi richiede più responsabilità, e non possiamo nasconderci dietro le inadempienze altrui".
Alcune proposte iniziali
“Lasciate che vi illustri alcune prime idee e proposte per intraprendere insieme questa impresa, creando nella scuola un clima che ci consenta di procedere con altre e ben più importanti esperienze e attività”.
 Accoglienza degli alunni e orario d'inizio delle lezioni
L 'accoglienza degli alunni è un momento importante.
I primi tempi starò io stessa nell'atrio ad accogliere i ragazzi quando entrano al mattino. Ho la fortuna di guidare una sola scuola, per quanto di 1200 alunni. Molti miei colleghi hanno anche 5 plessi distanti chilometri gli uni dagli altri dopo il dimensionamento.
Vi chiedo di aiutarmi in questo compito e di aspettare sempre gli alunni sulla porta dell'aula e di salutarli uno ad uno quando entrano, chiamandoli per nome. Vi accorgerete dell'effetto positivo che ha questo semplice gesto gentile.
Ci saranno come al solito i ritardatari. E' un problema da non sottovalutare, che non si risolve semplicemente con la limitazione dei permessi. Dobbiamo verificare quanti sono, chi sono e cercare di capire le cause. Fra le soluzioni, non dobbiamo escludere di cominciare la scuola un'ora più tardi.
Per i ragazzi, specialmente per quelli che vengono da lontano, e ce ne sono tanti, alzarsi alle 6 o alle 7 comporta una privazione del sonno che è deleteria a quell'età, e gli adolescenti si difendono come possono”.
 Conquistare la fiducia dei genitori degli alunni più difficili
“Tutti voi sapete meglio di me, quanto sia difficile oggi il rapporto con i genitori, non solo e non tanto con quelli che ci contestano per quello che facciamo, per i voti che diamo, ma con quelli che non si fanno mai vedere, e sono i più in istituti come il nostro. Genitori che di solito ricevono dalla scuola solo notizie negative e, non sapendo che fare, si difendono dileguandosi.
Troveremo insieme attività collettive, anche di utilità sociale in cui coinvolgere i genitori, ma a voi oggi chiedo di sforzarvi di dedicare un po' di tempo ai genitori dei ragazzi più problematici. Vi chiedo di assumere un obiettivo non banale: riuscire a telefonare ai genitori degli studenti più difficili, per comunicare loro una notizia positiva. Non potete immaginare quanto i ragazzi, anche quelli apparentemente più ostili e smargiassi, siano contenti di sapere che la scuola darà alla madre, al padre o a chi li segue, una buona notizia su di loro.
I genitori saranno dapprima sconcertati e sospettosi, perché la scuola li ha sempre chiamati solo per comunicare malefatte, assenze prolungate, risultati scarsissimi, ma poi vi si avvicineranno. Con un po' di creatività si possono trovare attività in cui ciascuno di questi ragazzi saprà dare il meglio di sé. Non pretendo certo che diventi prassi quotidiana, ma vorrei che almeno alcuni di voi sperimentassero questa ipotesi.
La scuola deve diventare amica di chi ha più problemi e difficoltà.
Utilizzare al meglio le aule e gli spazi
Ho già incontrato il personale ausiliario, sarà un impegno di tutti mantenere la scuola pulita e decorosa.
Vi comunico solo alcune idee, di cui verificheremo insieme la fattibilità.
Vorrei che ogni insegnante avesse una propria aula, con il suo materiale, attrezzata con strumenti multimediali (si può fare artigianalmente senza costi eccessivi) e che fossero gli studenti a spostarsi. E via via dovremmo rendere disponibile molto software con lezioni ed esercizi, da utilizzare anche quando un insegnante è assente. Ci consentirebbe di impiegare più utilmente i tempi e gestire con maggiore flessibilità il problema delle assenze brevi dei colleghi.
E vorrei anche che la scuola non fosse ad immagine della fabbrica o delle carceri, lunghi corridoi con aule allineate senza nessuno spazio per piccoli gruppi, o il lavoro individuale o attività ricreative.
So che ci sono tecnici e ingegneri bravissimi in questa scuola, forse qualcosa si può modificare e qualche spazio può essere recuperato.
E' un istituto enorme il nostro.
L'orario, i tempi distesi, il benessere dei ragazzi e degli insegnanti
Siamo talmente abituati allo scandire del tempo con il suono della campanella, che non riusciamo ad immaginare una scuola organizzata con orari differenziati.
Una scuola che metta in atto quello che è scritto da più di un decennio nel Regolamento dell'autonomia.
Non voglio assolutamente impegnarvi oggi in una discussione che ci porterebbe lontano, ma io vorrei una scuola con tempi più distesi, lasciatemi dire “più lenti”, perché solo così, riusciremo a determinare, insieme a più benessere, apprendimenti più solidi e duraturi.

I ragazzi hanno bisogno di pause, anche le pause fanno parte dell'apprendimento, purchè si sappiano organizzare e non si facciano degenerare nel caos o diventare attività collettive di fumo nei gabinetti.
Le competenze e la valutazione
“Infine, un accenno a quello che sarà un nostro impegno costante. Io credo nelle innovazioni che si basano sui dati.
La prima cosa che vorrei fare insieme a voi è analizzare i risultati dei nostri alunni nelle prove INVALSI. Conosco tutte le contestazioni in proposito, ma intanto partiamo da ciò che ci è dato, per avere termini di paragone fra le classi all'interno dell'istituto e con le altre scuole.
E sulla base dei dati, e anche delle critiche ai dati, dobbiamo insieme decidere quali sono le aree fondamentali di intervento e come attrezzarci per migliorare, avendo ben presente l'importanza, per questi istituti, dei laboratori e delle esperienze di studio e lavoro, cose che voi ben conoscete e che insieme proveremo a migliorare.
Per il momento non ho altro da dire, sono qui per ascoltarvi”.
Ci fu un lungo silenzio … e si insinuarono speranze
Ci fu un lungo silenzio. Eravamo spiazzati.
Poi qualcuno fece brevi domande che non c'entravano nulla con la relazione.
Dopo una pausa, che stava diventando imbarazzante, si alzò e prese la parola uno dei colleghi più anziani e più stimati, quarant'anni spesi dentro l'istituto, prima come tecnico pratico poi come ingegnere.
“La ringrazio per queste parole di speranza, so che gran parte dei miei colleghi (e con buone ragioni) pensa che lei stia sognando ad occhi aperti e ci stia raccontando quello che ha studiato per prepararsi a questo suo nuovo incarico. Io non so quanto riusciremo a realizzare di quello che lei ci ha appena proposto. Forse poco o forse niente. Ma desidero comunque ringraziarla per averci ricordato che i tempi di crisi possono anche essere un'opportunità per profonde trasformazioni personali e collettive, e io aggiungerei anche “morali”. Ne abbiamo bisogno. Grazie per avercelo ricordato”.
Partì qualche primo applauso isolato, poi ci unimmo tutti, o quasi.
Non che fossimo tutti convinti, né tutti soddisfatti ma nessuno contestò adducendo i propri diritti negati.
… E uscimmo, mentre stavano insinuandosi dentro di noi le parole: “la crisi può essere un'occasione per cambiare la scuola”
In fondo era una speranza ed un impegno.

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