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domenica 21 ottobre 2012

Protesi d'anca difettose



Figura 1 - Schema di protesi d'anca:
A) totale non cementata; B) parziale cementata
Ricordo le telefonate a Pronto Anziano di una signora  che non voleva farsi operare all'anca perché diceva di essere allergica al titanio e cercava inutilmente il modo di verificarlo.  
Striscia la Notizia, telegiornale satirico e d'inchiesta, si è occupato grazie a Jimmy Ghione, uno degli inviati d'assalto della trasmissione di Ricci, di protesi d'anca difettose della DePuy il 13 gennaio 2012.
La notizia ha spaventato molte persone che avevano subito l'intervento e ancora oggi vogliono sapere che cosa fare.
Chi desidera approfondire visiti il sito di EPICENTRO, il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica a cura del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute il Progetto per l'istituzione del Registro nazionale degli interventi di protesi di anca, a cura di Marina Torre. (La figura 1 è tratta da questo sito).
L'équipe medica della Struttura Complessa Ortopedia-Traumatologia e Chirurgia protesica e dei reimpianti d'anca e di ginocchio, diretta dal Dr. Aldo Toni, ha realizzato un opuscolo (area allegati) dal titolo L'intervento di artroprotesi d'anca.
E' un'opuscolo pensato per il paziente e per rispondere a domande del tipo: cosa dovrò “subire” per applicare la protesi? Quanto durerà l’impianto? Quali saranno le mie limitazioni dopo l’intervento?
Come scritto nella prefazione: "Questo opuscolo è stato da noi preparato proprio perché il paziente possa conoscere a grandi linee con anticipo quello che lo aspetta, qualunque sia la scelta: intervento o attesa."
Riporto anche l'ottimo articolo di Ruggiero Corcella, del 25 gennaio 2012 (modificato il 25 aprile 2012), tratto dal Corrieredellasera.it, rubrica Salute - Reumatologia, riguardante le protesi d'anca modello ASR fabbricate dall'azienda DePuy appartenente al colosso Johnson & Johnson.

RITIRATE DAL COMMERCIO NEL 2010
Anca: un tipo di protesi «richiamata»
Ma non tutti gli interessati in Italia lo sanno
Il caso DePuy ASR. Non tutti sono stati avvisati.
Il registro sugli interventi del ministero non è ancora partito

MILANO - Non doveva creare allarmismi, ma evidentemente qualcosa non ha funzionato. Il ritiro dal mercato delle protesi d’anca DePuy modello ASR, cominciato un anno e mezzo fa sta ancora suscitando allarme tra i pazienti. Un servizio di Striscia la notizia, andato in onda il 13 gennaio, ha riportato la vicenda all’attenzione del pubblico. Tanto che anche alla nostra redazione sono arrivate richieste di informazioni da parte di alcuni lettori preoccupati. Così abbiamo cercato di fare chiarezza sulla situazione.
Il RITIRO DAL COMMERCIO - Il 24 agosto 2010, la DePuy, azienda statunitense del colosso Johnson & Johnson, ha deciso di ritirare volontariamente dal mercato tutti i prodotti del modello identificato con la sigla ASR: cioè le protesi di rivestimento ASR e il sistema acetabolare ASR XL. Le protesi di rivestimento e il sistema acetabolare sono stati impiantati a pazienti italiani a partire dal marzo 2004 . Come la stessa DePuy spiega, l’azienda ha un sistema di sorveglianza dei propri prodotti in base al quale verifica l’insorgere di eventuali problemi a distanza di cinque anni dall’intervento chirurgico. In questo caso, l’azienda ha ricevuto i dati dall’UK National Joint Registry (Registro Nazionale delle Articolazioni dell’Inghilterra e del Galles), che riportavano tassi di revisione chirurgica per circa il 12% dei pazienti che avevano impiantato il sistema di rivestimento d’anca ASR e per circa il 13% dei pazienti con il sistema acetabolare ASR XL. «L’azienda ha quindi deciso che il richiamo volontario era nel miglior interesse dei pazienti, la cui sicurezza è ed è sempre stata prioritaria per DePuy», fanno sapere i portavoce di DePuy in Italia.
COSA È SUCCESSO ALLE PROTESI? - In base ad un avviso di sicurezza di DePuy del 24 agosto 2010 inviato al Ministero della Salute, che lo ha pubblicato sul suo sito il 31 agosto 2010, e contemporaneamente ai chirurghi ortopedici, alle strutture ospedaliere italiane pubbliche, private accreditate e private) si sarebbero verificati «scollamenti delle componenti, sacche di liquido, dislocazione, sensibilizzazione al metallo e dolore». I detriti del metallo usurato delle protesi potrebbe inoltre finire nei tessuti molli e causare danni . Per questo si suggerisce ai medici curanti di sottoporre i pazienti ad analisi del sangue per la misurazione di ioni di cobalto e di cromo, che possono evidenziare proprio la presenza del metallo e quindi il malfunzionamento della protesi stessa. Il 7 novembre 2011, il Ministero della Salute ha inviato a tutte le strutture interessate una raccomandazione, in cui si richiama l’attenzione di tutti gli operatori sanitari esecutori di impianti DePuy ASR e ASR XL, sull’importanza di invitare i pazienti a sottoporsi al programma di verifica. Questo perché, evidentemente, non è stato ancora possibile raggiungere tutte le persone che hanno impiantato il modello ritirato dal mercato.
QUANTI SONO I PAZIENTI COINVOLTI? - In tutto il mondo, DePuy ha venduto circa 93 mila sistemi ASR. In Italia, più di 4.500 a oltre 200 strutture ospedaliere. «Molti pazienti ASR hanno chiamato il numero verde predisposto da DePuy e partecipato al programma di rimborso – sottolineano i portavoce della società- . L’azienda non è a conoscenza del numero esatto delle revisioni chirurgiche, poiché non ha accesso a questo tipo d’informazioni».
CHE FARE? - Da quando la decisione del richiamo è stata presa, l’azienda ha fornito delle raccomandazioni sulle azioni da intraprendere in relazione ai prodotti ASR e alla gestione dei pazienti. Un primo semplice controllo riguarda proprio le date e il modello di protesi. Il richiamo riguarda solo il modello ASR. L’azienda in Italia ha venduto il primo dispositivo a marzo del 2004, quindi se i pazienti hanno subito un intervento prima del 2004 non sono sicuramente coinvolti in questo richiamo. «Ci rendiamo comunque conto che sono in commercio varie tipologie e marchi di protesi d’anca e i pazienti potrebbero non essere a conoscenza di quello che è stato impiantato loro - dicono ancora i portavoce -. DePuy incoraggia quindi i pazienti a controllare con il proprio medico o ospedale quale tipo di protesi hanno. Se il paziente ha subito l’intervento dopo marzo 2004, dovrebbe contattare il proprio medico o struttura ospedaliera e assicurarsi se la protesi è del modello ASR di DePuy». Oltre a queste informazioni, sulla base di quanto ci è stato detto dai funzionari dell’Istituto superiore di sanità, aggiungiamo che i dati sulla protesi si trovano nella cartella clinica. Se il paziente non ha già in mano una copia, può chiederla all’ospedale o struttura privata dove è stato operato. DePuy ha anche predisposto delle Linee Guida per il richiamo e il percorso clinico e diagnostico del paziente, nonché delle Linee Guida per ottenere il rimborso delle spese sia quelle sostenute dalle strutture ospedaliere, comprese le spese amministrative, sia quelle affrontate invece dai pazienti che dovranno essere sottoposti a controlli e/o trattamenti chirurgici. «Il programma di rimborso ai pazienti impiantati con prodotti ASR è ben definito e DePuy ha fornito informazioni e supporto a tutti i medici che stanno seguendo pazienti con un impianto ASR – aggiungono i portavoce dell’azienda -. È stata inoltre attivata una linea telefonica esclusivamente dedicata ai pazienti impiantati con sistema acetabolare ASR XL e il sistema di rivestimento d’anca DePuy ASR: il numero verde è 800 14 60 60 attivo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 17». Altre informazioni, ma in inglese si possono trovare sul sito
IL SISTEMA DEI CONTROLLI IN ITALIA - Perché l’allerta sui prodotti è partita dall’Inghilterra e non dall’Italia, pur esistendo almeno di nome un Registro nazionale degli interventi di protesi d’anca attivato dall’Istituto superiore di sanità dal 2006? «La ragione è semplice – spiega Marina Torre, responsabile del Registro - . Il National Joint Registry è più avanti come organizzazione. Noi siamo ancora in una fase pilota». Proviamo a capire meglio. «Il nostro non è ancora un Registro nazionale vero e proprio – dice Torre -, ma un progetto la cui fase esplorativa è partita nel 2006. Dal punto di vista operativo, siamo pronti. Abbiamo affinato lo strumento di raccolta dei dati. Utilizziamo le schede di dimissione ospedaliera, più un set di informazioni non contenute nelle Sdo come il lato dell’arto operato, la diagnosi, se c’è stato un intervento precedente e il tipo di via di accesso dell’operazione. Abbiamo inoltre il nome del fabbricante della protesi e il codice di riferimento così sappiamo dove sono state impiantate le protesi». Cosa manca allora? «Il decreto con cui si istituisce il registro – aggiunge la responsabile -, nonostante sia stato sollecitato da anni. Per quanto ne sappiamo il provvedimento esiste, ma è in attesa di approvazione». Nel frattempo il sistema è stato testato nelle Regioni che già avevano un proprio Registro: Lombardia, Emilia Romagna e Puglia. Proprio in quest’ultima, si è arrivati a una copertura del 95% degli interventi effettuati, grazie all’introduzione dell’obbligo di notificarli al Registro. In Piemonte, Valle D’Aosta, Veneto, Marche, Toscana, Basilicata e Sicilia sono state avviate solo sperimentazioni.

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