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sabato 21 maggio 2011

«Ho il cancro. Per un giudice non merito i miei figli»

Ho terminato giovedì 19 maggio il 6° ciclo della chemio...ora dovrò fare fra quaranta giorni una rivalutazione della neoplasia dopo una TAC ed esami del sangue...alle persone speciali che ho incontrato nelle due sale chemio di Piove di Sacco del reparto di Oncologia diretto dal dott.  Adriano Fornasiero, impegnate nella lotta contro il cancro, in particolare alla giovani signore con bambini piccoli, auguro lunga vita. Ai validi collaboratori medici (dott.sse Francesca Sartore e Annamaria Smergo) e infermieri del dott. Fornasiero, un sentito ringraziamento per la professionalità dimostrata. 
Riporto, per restare in tema e perchè merita una riflessione, la storia di Alaina Giordano giornalista di 37 anni della Pennsylvania costretta a combattere contro la malattia e contro gli avvocati dell'ex marito, che vogliono toglierle la custodia dei suoi due bambini (dal sito http://it.notizie.yahoo.com/%C2%ABho-il-cancro--per-un-giudice-non-merito-i-miei-figli%C2%BB.html A VanityFair.it racconta la sua storia.

«Vogliono portarmi via i miei bambini perché ho il cancro». Singhiozza al telefono Alaina Giordano, che il 17 giugno rischia di perdere la custodia dei suoi due figli, Sophia e Bud, di 11 e 6 anni. Alaina combatte dal 2007 contro un tumore al seno in metastasi ossea, e dal 2010 contro gli avvocati dell'ex marito. Secondo una sentenza del 27 aprile della corte di giustizia del North Carolina, «il decorso della malattia è sconosciuto. I bambini con un genitore malato, hanno bisogno di maggiori contatti con il genitore sano». I giudici danno insomma ragione all'uomo, Kane Snyder.

E così Alaina rischia di rimanere sola: «Sto lottando con tutte le mie forze perché non accada. Sia Sophia che Bud sono terrorizzati all’idea di lasciarmi, non vogliono stare con un padre che fino a oggi non è esistito», racconta tra le lacrime. E questa è la sua versione della storia.

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Perché le vuole portare via i suoi figli?
«Per ripicca. Lui sa che nonostante il cancro sono in grado di prendermi cura di loro. Finora sono sempre stati solo con me. E comunque, per quale ragione un genitore malato non dovrebbe avere il diritto di vivere con i propri figli? E' una sentenza "primitiva" che non può essere accettata nella società moderna».

Perché non l’ha lasciato?
«Perché speravo di poter mettere le cose a posto. Con questo uomo ho fatto due figli».

Poi si è laureato…
«Sì. Ma prima che si laureasse mi ha chiesto di seguirlo a Chicago, dove aveva avuto una proposta di lavoro. Voleva che lo seguissi non da moglie ma da “tata” dei suoi figli. Gli serviva una persona che curasse i bambini al posto suo. Mi ha detto anche che mi sarei dovuta mantenere. Ma io non posso: è da tre anni che sono seguita da un team di dottori del Duke Cancer Institute che sono riusciti ad arginare la malattia. Non posso abbandonare le cure e non voglio che i miei figli lascino il North Carolina dove ormai hanno tutta la loro vita. Il mio rifiuto lo ha fatto arrabbiare e ora "vuole distruggermi"».

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Il giudice come ha giustificato la sentenza?
«Siccome un giorno potrei morire (ma chi non rischia di morire?!) non merito di vivere con i miei figli. La cosa che mi sconvolge di più è il fatto che si tratta di un giudice donna, speravo che una madre potesse capire il mio dramma. Ho portato nove testimoni che hanno raccontato che mamma sono e le mie condizioni di salute, ma non è servito a nulla».

Cosa succede se questa sentenza verrà confermata?
«Se questa fosse la sentenza finale, potrò stare con i miei figli solo due volte al mese. Vivranno dall'altra parte del Paese, a Chicago, e per vederli avrò bisogno di un aereo che non potrò pagare».

Quindi lei non è in fin di vita?
«No, assolutamente no. Ci sono persone che vivono con questo tumore per tanti anni. I miei dottori dicono, e lo hanno detto anche davanti al giudice, che le mie condizioni sono stabili».

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Che lavoro fa?
«Sono una giornalista, ma da quando mi sono trasferita in North Carolina non lavoro più, dedico le mie giornate ai miei figli: li porto e li vado a prendere a scuola, gioco con loro e li aiuto a fare i compiti. Come tante madri».

E come si mantiene?
«Mi aiutano i miei genitori. Ogni tanto faccio anche la baby sitter. Kane, che dovrebbe ogni mese mandarci un assegno di mantenimento, spesso “se ne dimentica”. Ma per il giudice “conta solo il mio cancro”».

Come pensa che andrà a finire?
«Nelle ultime settimane i giornali e le televisioni hanno parlato della mia storia. L’America è indignata per questa sentenza ingiusta. Ora so che anche in Europa se ne parla. Spero che questa mobilitazione possa aiutarci a mettere fine a questa ingiustizia. Io sono una brava mamma, Sophia e Bud vogliono stare con me. Una madre malata rimane comunque una madre».

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