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domenica 15 gennaio 2012

Attenti a quello che dite alla moglie

Trovo sul sito del Sole24ORE la seguente sentenza della Corte di Cassazione.
Dire alla moglie, in via di separazione, "ti ammazzo" fa scattare il reato di minaccia anche se non c'è l'intenzione di passare ai fatti. La Corte di Cassazione con la sentenza 46542 conferma la condanna inflitta dal giudice di pace al ricorrente, accusato dalla moglie di percosse e minacce gravi. Alla base della condanna, oltre alle lesioni certificate, un "ti ammazzo" rivolto alla signora nel corso di un litigio.
Valida la testimonianza della donna anche se parte civile - Inutilmente l'uomo si era lamentato del fatto che i giudici avessero preso per buona la testimonianza della sua ex che si era costituita parte civile contro di lui quando erano in fase di separazione e dunque in "conflitto di interesse". La Corte di cassazione coglie l'occasione per ricordare che le dichiarazioni della persona offesa, che si costituisce parte nel processo, sono escluse soltanto nel rito civile mentre sono ammesse in quello penale. Il processo penale ha, infatti, lo scopo di accertare la colpevolezza dell'imputato, un interesse pubblicistico che non può cedere il passo o essere condizionato da interessi privati, come il risarcimento.
Il valore assoluto della minaccia - Valore assoluto anche per l'espressione "ti ammazzo", da considerare comunque reato se in grado di suscitare timore nel destinatario. La reazione dell'uomo e della donna comune è quella di sentirsi limitati nella propria libertà di fronte alla minaccia di una morte violenta, ed è irrilevante la "concretezza" della limitazione. Inutile, anche in questo caso, il tentativo del marito di difendersi dicendo che la moglie ricorreva a insulti di pari volgarità e che molto spaventata non doveva essere se aveva aspettato dieci giorni a denunciare la minaccia ed era rimasta, per le settimane successive, sotto il suo stesso tetto.

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