News dal Centro Maderna 18-01-2012
Nel gennaio 2011 il presidente degli Stati Uniti, Barak Obama,
firmava il "National Alzheimer Project Act", meglio noto come NAPA,
ovvero un piano nazionale con cui il paese si impegnava a trovare una
cura in grado di trattare e prevenire il morbo di Alzheimer entro il
2025. In questi giorni, dopo un anno di consultazioni e studi, la bozza
finale del piano in questione arriverà sulla scrivania del Segretario
alla Salute Kathleen Sebelius. Il progetto è ambizioso, ma Ron Petersen,
direttore di un centro studi sull'Alzheimer e presidente del comitato
di ricerca del NAPA, si dice fiducioso visti gli enormi passi avanti che
la ricerca ha fatto negli ultimi 5 anni. Gli studiosi hanno
identificato i geni associati alla malattia e hanno oggi un'idea più
precisa di quando essa abbia inizio (vale a dire circa 10 o 15 anni
prima della manifestazione dei sintomi). Sono stati anche scoperti i
biomarcatori dell'Alzheimer che permettono di diagnosticarlo con
sicurezza, laddove fino a poco tempo fa l'unico modo di identificarlo
con certezza era tramite un'autopsia dopo il decesso del paziente.
Infine gli studi hanno mostrato come i fattori di rischio principali
siano certe placche che si formano a livello cerebrale e che
distruggerebbero le cellule nervose. Viste queste ottime premesse
dunque, secondo Petersen il momento dell'identificazione di una medicina
che riesca per lo meno a rallentare il decorso di questa malattia non
può più essere molto lontano.
Se da una parte dunque il governo dovrà fare carte false per sostenere la ricerca in un momento di recessione come questo, dall'altra parte la "lotta all'Alzheimer" promossa dagli USA prevederà anche un'estesa campagna d'informazione sulla malattia. E gli effetti di tutto questo incominciano ad emergere. Diversamente da quanto succedeva negli anni '80, quando i personaggi noti che soffrivano di Alzheimer sparivano dalla scena e si ritiravano in una sorta di "isolamento della vergogna" (si pensi al presidente Ronald Reagan), ora la cantante Glen Campbell e l'allenatrice di un'importante squadra di pallacanestro femminile hanno ammesso pubblicamente di esserne affetti, ma allo stesso tempo di voler continuare a lavorare fino a che la malattia glielo permetterà.
Se da una parte dunque il governo dovrà fare carte false per sostenere la ricerca in un momento di recessione come questo, dall'altra parte la "lotta all'Alzheimer" promossa dagli USA prevederà anche un'estesa campagna d'informazione sulla malattia. E gli effetti di tutto questo incominciano ad emergere. Diversamente da quanto succedeva negli anni '80, quando i personaggi noti che soffrivano di Alzheimer sparivano dalla scena e si ritiravano in una sorta di "isolamento della vergogna" (si pensi al presidente Ronald Reagan), ora la cantante Glen Campbell e l'allenatrice di un'importante squadra di pallacanestro femminile hanno ammesso pubblicamente di esserne affetti, ma allo stesso tempo di voler continuare a lavorare fino a che la malattia glielo permetterà.
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