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venerdì 12 agosto 2011

La "Carta del Paziente" dell'ULSS 16 di Padova

Nella pagina delle news http://news.ulss16.padova.it/NEWS/ del sito dell'ULSS 16 di Padova è  pubblicata "La Carta del Paziente", approvata con deliberazione del direttore generale dott. Fortunato Rao.
Preparata da un'apposita commissione, dopo mesi di lavoro, il documento si prefigge lo scopo di far rispettare all'organizzazione, alle strutture e agli operatori valori, credenze, ritmi e abitudini di vita dei pazienti nelle attività assistenziali. Per leggere il documento clicca qui




Anche nel sito dell'Azienda Ospedaliera di Padova diretta dal dott. Adriano Cestrone   invece della Carta del Paziente abbiamo il Regolamento dei Diritti e dei Doveri del Malato,  invece di paziente si usa il termine malato. Cliccando sui link sottostanti si possono leggere i documenti molto interessanti:

L'Istituto Oncologico Veneto (IOV) con sede a Padova e diretto dal prof. Pier Carlo Muzzio ha elaborato invece la Carta dei Servizi che contiene: la Mission, i Valori di riferimento, gli Impegni e gli Standard di qualità generali (clicca sui link sottostanti):
Come si vede tre Aziende sanitarie e tre modi di definire principi, valori, diritti e doveri, vision e mission.
 Analisi della "Carta del Paziente" dell'ULSS 16
Mi sono occupato, da insegnante e da preside, di etica e deontologia nella scuola. Ho contribuito, assieme a docenti e presidi, alla stesura del libro "Etica e scuola - Verso un codice etico- deontologico dei docenti e dei dirigenti scolastici". Mi accingo quindi a commentare da non esperto, cioè dico la mia opinione, la "Carta del Paziente" dell'ULSS 16 con l'auspicio che altri lo facciano. Credo sia la più grande soddisfazione per chi l'ha redatta e per chi l'ha voluta. 

Cominciamo ad analizzare alcuni termini usati nel documento: carta, paziente, malato.
Che cosa significa Carta? Una dichiarazione programmatica di principi. 
Chi è il paziente? Chi sopporta con rassegnazione difficoltà, dolori, disturbi e inconvenienti la malattia e le cure o chi è affetto da una malattia e si sottopone alle cure di un medico?
Paziente deriva dal greco pathos: sofferenza, radice della parola patologia, dunque colui che soffre o ha una patologia e non colui che è paziente. Questo termine è più funzionale e descrittivo di una condizione. Il nostro background culturale non ci fa percepire nulla di negativo ad essere considerati pazienti: dobbiamo però sottolineare che in alcuni ambienti culturali all’avanguardia anche questo termine è visto con accezione negativa.

Chi è il malato? Dal lat. male habitu(m), che ricalca il gr. kakôs échon ‘che sta male’. Malato, persona che ha una malattia: l’accezione di questo termine è per molti  negativa, derivante da una concezione paternalistica della medicina, che talvolta viene utilizzata volutamente per “distinguere” una persona, il medico, da chi ha bisogno di cura, da chi necessita di cura, negando così il rapporto fiduciario curato-curante che è la base centrale della riuscita di un qualunque percorso terapeutico. Ecco perchè il termine “malato” è fortemente invalidante: questo distinguo infatti rischia di diventare la base per una discriminazione.

Condivido in parte l'affermazione del prof. Aldo Morrone direttore dell'Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma: L’atto di curare  non può essere separato dal prendersi cura. Il malato non deve essere più chiamato “paziente” o, peggio, “utente” o, ancora peggio, “cliente”, bensì “persona malata”. Come tale – come persona, appunto – va considerata e curata. L’agire medico e clinico deve improntarsi agli ideali di compassione e giustizia riscoprendo l’essenzialità della gratuità del dono, della tenerezza vitale, della co-esistenza [piuttosto che semplice esistenza] di noi esseri umani.
Segnalo che utente e cliente sono termini usati nel linguaggio della qualità. Per vedere le strutture certificate ISO 9001:2000 dell'Azienda Ospedaliera cliccare http://www.sanita.padova.it/azienda-ospedaliera/sistema-qualita/strutture-certificate-iso-9001-2000/,48

Come si vede quando si cerca di definire preventivamente alcuni termini citati nei documenti si corre il rischio di ingenerare confusione. Oggigiorno, nella costruzione di un sistema deduttivo, non si definiscono più a priori i termini usati, nel senso che si è rinunciato al tentativo  di darne una definizione esplicita. Ci si limita a mettere assieme un sistema di enunciati che impieganoquelle parole  e dai quali si possano ricavare delle dimostrazioni, ritenendo in questo modo di aver dato una definizione implicita di quei termini. 

Ma nei documenti fondanti di una nazione, europei e mondiali  non ci sono dimostrazioni scientifiche ma argomentazioni.  L'argomentazione è un ragionamento situato. È un ragionamento nel senso che consiste nell'inferire, da enunciati che fanno da premessa, un enunciato che costituisce una conclusione. È situato perché si argomenta solo entro un determinato contesto, costituito da interlocutori, saperi, premesse esplicite o implicite, credenze accettate o comunque riconosciute. A differenza di quanto avviene nella logica formale, nel ragionamento argomentativo le premesse non sono vere. Sono solo assunte come vere da chi sviluppa il ragionamento e/o da chi lo ascolta e lo valuta. Il valore di verità di quanto è affermato nelle premesse dipende dal livello di credenza sia di chi enuncia che di chi ascolta e valuta l'argomentazione.
Argomentare significa ragionare in un contesto probabile e non certo, partendo da premesse accettate ma non necessariamente vere, rivolgendosi ad interlocutori situati, cioè portatori di credenze, principi, assunti che possono divergere dai propri e da quelli di altri interlocutori. Anche per questo alcuni studiosi utilizzano il termine "logica informale" per designare l'argomentazione (da Wikipedia).

Quello che mi accingo a fare, secondo Platone è "dialettica". Dialettica è l'esercizio del ragionare argomentativo sui fondamentali, cioè sui principi etici, strutture ontologiche, valori politici, condizioni di pensabilità, quindi da non esperto faccio un po' di "filosofia". 
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La Carta del Paziente dell'ULSS 16 è un documento molto interessante che parte dall'assunto che: il processo di cura del singolo individuo aumenta la propria efficacia quanto maggiore è l’attenzione che viene posta sugli aspetti che mobilitano le sue risorse attinenti la dimensione psicologica, spirituale e relazionale - sociale.
L’ULSS 16 di Padova, sulla base di tale assunto, impronta le proprie attività assistenziali sul rispetto dei valori, credenze, ritmi e abitudini di vita dei pazienti, in quanto elementi costitutivi della persona e correlati alle dimensioni di cui sopra; adegua a tale fine le proprie strutture, la propria organizzazione e i criteri di comportamento dei propri operatori.
Il documento si sofferma quindi sulla definizione di salute dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), agenzia dell'ONU istituita nel 1948 con l'obiettivo di operare per far raggiungere a tutte le popolazioni il livello di salute più elevato possibile. L'OMS definisce la salute come "stato di completo benessere psicologico e sociale, e non semplice assenza di malattia". Si intende “psicologico” - si afferma nel documento - l’atteggiamento dell’individuo orientato alla consapevolezza di sé nell’interiorità e nella relazione con gli altri e “sociale” l’inserimento dell’individuo in un contesto culturale di comunità, nel quale sono presenti l’adesione a modelli culturali, a modelli religiosi e a gruppi di interesse di varia natura. Della dimensione sociale fanno parte il contesto lavorativo, la rete amicale e la rete sociale con le motivazioni di appartenenza di tipo religioso, ludico, relazionale o associato a scopi particolari.
Vengono quindi definiti due termini importanti usati nel documento: valori e credenze
Nel documento si dà questa definizione di valore: Nel campo morale il valore è l’importanza attribuita a un bene “non materiale” che acquista significato di positività rispetto alla distinzione tra bene e male: è il soggetto che carica le proprie scelte della qualità “valore”.
Se si esclude la dignità umana, che è un valore intrinseco all’essere umano, i valori non sono assoluti ma sempre relativi, in quanto sono le singole persone che attribuiscono alle proprie scelte tale qualità. Non a caso, comunemente si afferma che ogni persona ha la propria gerarchia di valori, dettata dalle proprie priorità e preferenze, sulle quali impronta le proprie scelte. Pertanto anche la “vita” e la “qualità della vita” assumono valore diverso a seconda delle priorità e preferenze del soggetto.
Gli esempi si possono moltiplicare e all’ordine del giorno del dibattito pubblico in bioetica permangono interpretazioni diverse riguardo al contenuto del termine valore. L’alternativa è quella di considerare i valori come assoluti, con le prevedibili conseguenze di conflitti e di fondamentalismi; rimarrebbe tuttavia la difficoltà di individuare colui che definisce il valore assoluto.
Affermare che i valori sono relativi alle persone e non sono invece assoluti è sicuramente motivo di dibattito e di confonto. Siamo nel relativismo etico? Personalmente concordo  con l'affermazione di Karl R. Popper (dal libro "La società aperta e i suoi nemici, Vol. I, Platone totalitario, dalla IV di copertina): La società aperta  è aperta a più valori, a più visioni del mondo filosofiche e a più fedi religiose, ad una molteplicità di proposte per la soluzione di problemi concreti e alla maggior quantità di critica. La società aperta è aperta al maggior numero possibile di idee e ideali differenti, e magari contrastanti. Ma, pena la sua autodissoluzione, non di tutti: la società aperta è chiusa solo agli intolleranti. 
Ma questo modo di argomentare non significa non avere dei valori condivisi. I cittadini di un paese dovrebbero riconoscersi nella loro Costituzione e nei valori in essa contenuti e nei principi e valori dei documenti UE e ONU.

Il documento definisce credenza: Con il termine “CREDENZE” si intende l’insieme di convinzioni frutto dell’educazione, della trasmissione culturale, della elaborazione personale di concezioni filosofiche e religiose che di fatto vanno a costruire la visione ed la rappresentazione del mondo di ciascuno.
E' opportuno citare anche la posizione della Chiesa cattolica sul relativismo. Benedetto XVI,  nella  "Spe salvi" del 30 novembre 2007,  afferma che « se il progresso per essere progresso ha bisogno della crescita morale dell'umanità, allora la ragione del potere e del fare deve altrettanto urgentemente essere integrata mediante l'apertura della ragione alle forze salvifiche della fede, al discernimento tra bene e male. Solo così diventa una ragione veramente umana. Diventa umana solo se è in grado di indicare la strada alla volontà, e di questo è capace solo se guarda oltre se stessa. In caso contrario la situazione dell'uomo, nello squilibrio tra capacità materiale e mancanza di giudizio del cuore, diventa una minaccia per lui e per il creato. »

La Carta del Paziente defisce inoltre che cosa si intende per: persona, identità, individuo e dignità. Invece di individuo avrei preferito il termine cittadino attivo, cioè colui che partecipa alla vita quotidiana e sociale e dà un contributo alla sua comunità. Riporto solo la definizione di dignità, rinviando per le altre definizioni al testo integrale del documento, perchè spesso  è una categoria  che viene trascurata nel mondo sanitario, in particolare negli ospedali. La Carta definisce dignità: Un sentimento che proviene dal considerare importante il proprio valore morale, la propria onorabilità, la considerazione di sé, della propria identità come essere umano e dal percorso che ciascuno sceglie di compiere per lo sviluppo personale. La dignità è considerata un valore intrinseco inestimabile di ogni essere umano, senza distinzione di salute, sesso, razza, condizione sociale e religione; ogni essere umano è fine a sé stesso.
E' una definizione generale che va calata però in azioni concrete, in una analisi più approfondita. Concordo con le affermazioni di Giovani Sparano nell'articolo  "Rispetto per la dignità della persona malata".
Varcata la soglia dell’ospedale, la persona perde la sua soggettività, è solo un corpo affetto da una patologia che, nell’interesse aziendale, bisogna diagnosticare al più presto, con mezzi cruenti e incruenti; a tal fine il paziente viene analizzato, radiografato, biopsizzato, ma  poco ascoltato e visitato, perché il tempo a disposizione è sempre poco. Un rapporto ridotto a pura contrattualità, efficienza, diritti e obblighi giuridici, si svuota di ogni significato etico e porta a considerare, nell’immaginario collettivo, gli ospedali  luoghi di sofferenza. Costruire ospedali più umani, come da tutti invocato, non significa solo ampi spazi, servizi idonei, belle pareti, salotti d’attesa, garanzia della privacy, né personale in abbondanza, ma persone (dal primario all’ultimo ausiliario) esperte e preparate non solo tecnicamente, ma anche sul piano umano.

La Carta cita i documenti ai quali l’ULSS 16 fa riferimento nell’affrontare il tema del rispetto, nel processo di cura, dei valori e delle credenze come elementi costitutivi dell’identità personale. Tutti i documenti che trattano dei diritti dei cittadini in campo sanitario derivano da documenti di organizzazioni internazionali e istituzioni  dell'UE che contengono diritti fondamentali: Costituzione, Dichiarazione universale dei diritti umani ONU 1948, Convenzione di Oviedo per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina Consiglio d'Europa 1997 http://www.portaledibioetica.it/documenti/001306/001306.htm).  Non potevano mancare i riferimenti ai codici di comportamento (Codice deontologico del medico del 2006 e Codice deontologico dell'infermiere 2009).
Altri documenti si sarebbero dovuti riportare, in particolare la  Carta europea dei diritti del malato, la Convenzione di tutela dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali del 4 novembre 1950, la Carta sociale europea del 18 ottobre 1961, il Patto Internazionale sul Diritti civili e politici e il Patto internazionale relativo al diritti economici, sociali e culturali del 16 dicembre 1966, la Convenzione per la protezione dell’individuo riguardo all’elaborazione dei dati a carattere personale del 28 gennaio 1981 e la Convenzione relativa al diritti del bambino del 20 novembre 1989. Per quanto riguarda l'OMS, i documenti più rilevanti sono: la Dichiarazione sulla promozione dei diritti dei pazienti in Europa, approvata ad Amsterdam nel 1994; la Carta di Lubiana sulla riforma dell'assistenza sanitaria, approvata nel 1996; la Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21mo secolo, approvata nel 1997. Per quanto riguarda il Consiglio d'Europa, va richiamata in particolare la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina del 1997, così come la Raccomandazione Rec(2000)5 per lo sviluppo di istituzioni per la partecipazione dei cittadini e dei pazienti nei processi di decisione riguardanti l'assistenza sanitaria.
Orientamenti
Nella proposizione del proprio orientamento atto a garantire il rispetto dei valori e delle credenze dei pazienti nell’attività di diagnosi e cura, l’ULSS 16 si ispira ai principi enunciati nei documenti innanzi citati, nella consapevolezza delle questioni che riguardano il pluralismo e la multiculturalità.
L’ULSS 16:
1.    per quanto riguarda gli ambienti di cura in relazione ai simboli e alle espressioni di fede, di religione, di opinioni politiche, si attiene ai principi enunciati nei documenti di riferimento e alle norme, direttive e indicazioni nazionali e regionali in materia.
2.    così come garantisce il diritto alla riservatezza dei dati personali (ad es. acquisendo dal paziente, al momento del ricovero, l’elenco delle persone cui è possibile dare informazioni sulla sua salute), procede a:
  • acquisire, al momento del ricovero, la volontà del paziente di usufruire o meno dell’assistenza religiosa e delle pratiche sacramentali, onde evitare di causare ad esso eventuale disagio nell’esprimere il rifiuto al momento in cui le pratiche stesse gli vengono proposte
  • facilitare al paziente il contatto con assistenza religiosa.
3.    viene incontro alle richieste dei pazienti ispirate da loro credenze o convinzioni, quali, ad esempio, quella di essere assistiti, in ambito ginecologico, da personale femminile. Ciò nei limiti della propria flessibilità organizzativa, tenuto conto che le disposizioni costituzionali non prevedono distinzione di genere nell’accesso alle professioni sanitarie.
4.   si attiene al parere del Comitato di Bioetica della Regione Veneto relativo a “Interventi di circoncisione per motivi religiosi”. Pertanto:
  • l’intervento di circoncisione maschile, anche quando non giustificabile per motivi terapeutici o profilattici, rimane atto di competenza medica. Ciò appare con particolare evidenza quando venga eseguito nei confronti di soggetti prepuberi o adolescenti (casi nei quali è necessario ricorrere all’anestesia) e comunque perché comporta in ogni caso rischio di complicanze e, conseguentemente, necessità di diretta sorveglianza medica.
  • l’intervento di circoncisione per motivi rituali, pur giustificabile, non assolve alle funzioni di tutela della salute proprie del Servizio Sanitario Nazionale (così come definite dall’art. 1 L. 833/78) né può essere fatto rientrare tra le “prestazioni essenziali” (così come definite dal D.L.vo n. 229/99 e successive modifiche e integrazioni.
  •  l’intervento di circoncisione, anche quando privo di indicazioni di carattere medico, deve comunque essere affidato ad un medico e l’intervento stesso, se eseguito per esclusive motivazioni religiose, non trova giustificazioni di carattere etico per essere posto a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
L’ULSS 16 si impegna ad adeguare automaticamente il proprio comportamento alle eventuali nuove indicazioni nazionali e/o regionali in materia.
5.   proscrive dalla propria attività clinica qualsiasi pratica di mutilazione sessuale femminile, pur essendo accettate e praticate in alcune culture. In tale caso, infatti, il rispetto dei valori e delle credenze contrasta con il superiore diritto all’integrità fisica e psichica e alla salute tutelato dalle norme contenute nei documenti ispiratori del presente orientamento.
6.   tutela il diritto al rifiuto delle cure e dei trattamenti sanitari nelle persone coscienti secondo il principio di rispetto della dignità della persona, che comprende i valori dell’autonomia delle scelte e la libertà personale.
      Tutela altresì il diritto delle persone non più in grado di decidere, attenendosi al principio contenuto nella Convenzione di Oviedo (articolo 9) secondo cui “i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la sua volontà, devono essere tenuti in considerazione”. Il principio etico dell’autonomia dei pazienti viene esercitato nel contesto dell’alleanza terapeutica che si attua attraverso l’informazione al paziente circa l’efficacia e i rischi delle cure e circa i rischi del loro rifiuto. Il rifiuto da parte del paziente di specifici trattamenti o procedure diagnostiche non comporta l’abbandono del paziente stesso. Il consenso scritto ai trattamenti è richiesto, come normativamente previsto, solo nel caso di somministrazione di emotrasfusioni ed emoderivati e per l’applicazione di protocolli di sperimentazione clinica.
7.   compatibilmente con le esigenze organizzative, rispetta le diete e le abitudini alimentari determinate da credenze, convinzioni, scelte religiose, scelte morali e di vita.I pazienti sono informati, nelle diete vegetariane o nei regimi alimentari estremi, degli eventuali rischi per il loro stato nutrizionale e di salute generale e dei rischi per le patologie di cui già soffrono. Sono inoltre rispettate le scelte alimentari che prevedono l’esclusione della carne di maiale e dei suoi derivati, tramite la proposizione di menù ospedalieri che prevedono, all’interno di ogni tipo di dieta, più opzioni e ampia libertà di scelta.
L’ULSS 16 si impegna ad affrontare ogni altra prossima problematica collegata al rispetto dei valori e delle credenze nell’ambito del processo di cura, ispirandosi ai principi generali e alla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo come recepito dai documenti di riferimento, avvalendosi della consulenza del Comitato Etico Aziendale per la Pratica Clinica e della consulenza giuridica.

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