Per informazioni e disclaimer del blog, clicca qui
Per avere informazioni gratuite sui servizi agli ANZIANI e agli STUDENTI, telefonare a I.A.S.I. tel. 049.821.7000 (lunedì-venerdì 9-12 e 15-18. Altri numeri di IASI: 049.821.4298; fax 049.821.4278. Per commentare i post cliccare anonimo nella finestra a tendina. Per chiedere informazioni via mail a Giovanni scrivere a: blog.prontoanziano@yahoo.it

giovedì 21 marzo 2013

“Abbiamo il diritto di chiedere dove vanno a finire le donazioni e il dovere di farlo nei confronti di chi vogliamo aiutare”



Che nel terzo settore ci sia necessità di trasparenza lo sostengo da tempo, da quando faccio il volontario, perché il giro di denaro è enorme. Si calcola infatti che nel mondo l'insieme di attività che appartengono al Terzo settore (organizzazioni non governative, onlus, fondazioni, enti caritativi, enti umanitari, cooperative) valgano annualmente 400 miliardi di dollari. Sono soldi dei cittadini e ai cittadini si deve rendere conto di come vengono spesi. In particolare ai volontari, persone che lavorano nel sociale gratuitamente e con generosità, spetta il compito di controllare che nella propria organizzazione ci sia trasparenza.
L'occasione di questo post è scaturita dall'aver visto, il 20 marzo 2012, una puntata della trasmissione televisiva di Corrado Augias  "Le Storie-diario italiano".  E' stato presentato  da Augias, presente l'autrice, il libro "L'industria della carità. Da storie e testimonianze inedite il volto nascosto della beneficenza" di Valentina Furlanetto, Editore: Chiarelettere (collana Principioattivo).

Valentina Furlanetto è giornalista, nata il 14 aprile 1972 a Montebelluna (Tv) ma vive in Lombardia. Dopo la laurea in Lettere all’Università Ca’ Foscari di Venezia e una lunga esperienza di studio e lavoro in Gran Bretagna, frequenta l’Ifg di Urbino e, in seguito, inizia a lavorare nella redazione di «Uomini & Business» e per «Affari e Finanza» de «la Repubblica» con Giuseppe Turani. Da oltre dieci anni fa parte della redazione di Radio 24 – Il Sole 24 Ore, occupandosi prevalentemente di economia e temi sociali per i giornali radio.
Riporto la sinossi del libro (da la Feltrinelli.it).
"Questo libro racconta un mondo, quello della solidarietà, di cui non si sa abbastanza. Tra sms che salvano, adozioni a distanza, partite del cuore, campagne televisive, azalee e arance benefiche, quanti milioni di euro raccolti arrivano a chi ha bisogno? La risposta che viene fuori dalle testimonianze di cooperanti italiani e internazionali e dai più recenti dati di bilancio (quando sono disponibili: in Italia non c'è l'obbligo di pubblicare un vero e proprio bilancio economico-finanziario) è che tra profit e non profit c'è ormai poca differenza. Migliaia di associazioni sono in lotta una contro l'altra per i fondi, quelle più grandi spendono milioni per promuoversi e farsi conoscere, intanto le più piccole sono schiacciate dalla concorrenza. Gli stipendi dei manager del settore non profit sono ormai uguali a quelli delle multinazionali (la buonuscita milionaria di Irene Khan, ex segretario generale di Amnesty International, è solo la punta dell'iceberg). Ma i soldi non sono che una parte della questione, c'è molto altro da sapere. Che fine fanno i vestiti che lasciamo ai poveri? Come funziona il sistema delle adozioni internazionali? E il commercio equo e solidale? La filantropia ha fatto cose importanti, ma è anche il simbolo del fallimento della politica. Gli esseri umani non dovrebbero dipendere dalla generosità di altri. Se poi questa generosità diventa un business è importante raccontarlo per impedire che qualcuno si arricchisca sulla buona fede dei donatori".
Nella prefazione al libro, a cura del missionario comboniano Alex Zanotelli, si legge: Questo mi addolora molto perché invece gli italiani sono un popolo generoso. Non ho mai incontrato un popolo così vivace nell’associazionismo, così disposto a donare e a dare una mano a gli altri. La generosità però non deve servire a scaricarci la coscienza. Dobbiamo infatti controllare chi sono i finanziatori delle associazioni e dove vanno a finire i soldi.(…) "Basta con la carità, c’è bisogno di giustizia. È assurdo un mondo come il nostro, dove c’è così tanta ricchezza mal spartita. Un mondo dove il 20 per cento della popolazione consuma l’80 per cento delle risorse è un sistema di apartheid che produce un miliardo di obesi fra i ricchi e un miliardo di affamati fra i poveri".
In un articolo di presentazione del libro dal titolo "Il nuovo business della beneficenza", apparso su Repubblica del 7 gennaio 2013, a cura di Vladimiro Polchi si legge: "Anche in Italia, il Terzo settore è lievitato negli ultimi quarant' anni. Negli anni Sessanta le ong italiane (che rappresentano solo una piccola fetta del Terzo settore) non arrivavano a una ventina. Oggi quelle riconosciute ufficialmente sono 248, si interessano di 3.000 progetti in 84 Paesi del mondo, occupano 5.500 persone e gestiscono 350 milioni di euro l' anno. A leggere i bilanci, le prime dieci ong italiane sono Medici senza frontiere (50 milioni di euro); ActionAid (48 milioni); Save the Children (45 milioni); Coopi (Cooperazione internazionale, 35 milioni); Cesvi (Cooperazione e sviluppo, 33 milioni); Emergency (30 milioni); Avsi (Associazione volontari per il servizio internazionale, 28 milioni); Intersos (18 milioni); Cisp (Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli, 16 milioni); Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo, 16 milioni)".(…)
Ci sono poi gli scandali internazionali: «Il 66 per cento di tutte le donazioni che sono state fatte nel mondo - denuncia Evel Fanfan, presidente di Aumohd, organizzazione di avvocati che dal 2002 si occupa dei diritti umani della popolazione di Haiti - non sono state investite per la gente di Haiti, ma per il funzionamento delle ong. Alcune hanno comprato fuoristrada da 40-50.000 dollari e il 20 per cento delle donazioni è andato in stipendi del personale delle organizzazioni». C' è poi l' ossimoro dell' emergenza perenne: nella regione del Sahel (Sahara) dal 1973 a oggi sono stati investiti in aiuti diretti e indiretti oltre 300 miliardi di dollari, eppure nel 2012 c' erano ancora 18 milioni di persone bisognose di aiuto".
Repubblica è ritornata sull'argomento organizzando un confronto diretto fra Valentina Furlanetto, autrice del libro e due rappresentanti l'universo della Cooperazione: Gianni Rufini, esperto di emergenze umanitarie, con un lungo passato in missioni in tutto il mondo, docente in diverse università italiane e straniere; e Francesco Petrelli, responsabile relazioni istituzionali per Oxfam Italia, ex presidente dell'Associazione delle Ong italiane.
Il confronto è stato riportato nell'articolo dal titolo C'è o non c'è "L'industria della carità"? Il confronto (aspro) continua di Carlo Ciavoni.
Il libro ha suscitato molte reazioni, soprattutto da parte delle organizzazioni citate dall'autrice; ne riporto alcune.
La risposta di Konstantinos Moschochoritis, direttore Generale di Medici Senza Frontiere Italia.
La risposta di Andrea Pinchera, direttore Comunicazione e Raccolta Fondi di Greenpeace.
Mi ha colpito la seguente affermazione di Zamagni: «gioca a fare del sensazionalismo ingigantendo quel pochissimo che non va a scapito del tantissimo che invece va, e che ne esce mediaticamente con le ossa rotte, perché è più facile vendere copie col male, che col bene».
Si veda anche "La lettera aperta ad Alex Zanotelli" del  Consiglio Direttivo di AGICES (Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale).

Nessun commento:

Posta un commento